Qutb, il cattivo maestro di Osama

«Non c’è altro Dio all’infuori di Allah». Ecco il messaggio dei seguaci di Sayyid Qutb, il “Karl Marx” di Al Qaeda. Nemico presente e futuro. Ecco contro chi, dopo Saddam, la guerra continuerà con vecchi e nuovi mezzi

Al Qaeda non è solo un’organizzazione ricca e ben collegata con i vertici del mondo musulmano e con un sostegno popolare di milioni di persone convinte che l’attacco alle Twin Towers sia una congiura per diffamare l’islam da parte della Cia o del Mossad. È anche un’organizzazione che ha in Sayyid Qutb un martire e il filosofo che fornisce una visione del mondo. È suo fratello Mohammed Qutb, attualmente professore di studi islamici all’università King Abdul Aziz alla Mecca, l’autore dell’introduzione di All’ombra del Corano, testo fondamentale di Sayyid Qutb, che ha formato Osama Bin Laden. Dio ha stabilito il suo patto col suo Popolo eletto, la nazione dell’islam, che però ha subito lo “stupro” da parte dell’Occidente. Esso ha posto termine ai giorni della gloriosa espansione e dominio dell’islam perché i musulmani non sono rimasti fedeli ai suoi comandamenti dettati a Maometto nel Corano. L’obbedienza alla sharia, la legge coranica, riporterà quella gloria così che «la storia possa confermare la verità».

Chi è Sayyid Qutb
Qutb ha sperimentato personalmente il richiamo contraddittorio delle idee occidentali e di quelle islamiche. Nato nel 1906 da un devoto e istruito proprietario terriero membro del partito nazionalista in un villaggio nell’Alto Egitto, durante il protettorato britannico frequentò la scuola elementare pubblica, ma all’età di dieci anni aveva già imparato a memoria il Corano. Al Cairo frequentò la scuola e poi un’università che era un misto di insegnamenti tradizionali e occidentali, prima di diventare insegnante per sei anni e poi ispettore al Ministero della Pubblica Istruzione. In quel periodo era membro del Wafd, partito dell’indipendenza, del governo parlamentare e del nazionalismo. Negli anni Trenta fu un nazionalista laicista, un “miscredente”, secondo le sue parole, e acquistò fama come critico letterario di orientamento occidentale, romanziere e poeta. Il suo unico libro sul Corano era un elogio del suo stile letterario. Nel 1948 scrisse La giustizia sociale nell’islam, le cui varie revisioni segnarono un progressivo spostamento da una posizione secolarista ad una islamica. Nello stesso periodo fece un master in Colorado, negli Usa, e tornò scioccato dall’esperienza – qualcuno dice che a causa dell’impatto con la libertà sessuale – per quanto una cittadina americana nel 1950 non assomigliasse certo a Gomorra e ancor meno a Sodoma. Al suo ritorno entrò a far parte dei Fratelli Musulmani, divenendone il principale ideologo. Fu consultato da Nasser prima del colpo di Stato che rovesciò la monarchia nel 1952 e l’appoggiò. Dopo il fallimento di un complotto dei Fratelli Musulmani per assassinare Nasser, Sayyid rifiutò di fuggire come suo fratello Mohammed e fu messo in prigione per dieci anni. Nell’ospedale della prigione, costretto ad ascoltare le registrazioni dei discorsi di Nasser per venti ore al giorno, scrisse molti libri sempre più espressione dell’islam radicale. I più autorevoli di questi sono stati il suo commento coranico All’ombra del Corano e il manuale che ha ispirato il terrorismo fondamentalista islamico, Pietre Miliari, la cui popolarità fu assicurata quando, dopo un breve periodo di libertà, fu di nuovo processato per averlo pubblicato nel 1964. Fu impiccato nel 1966, dopo aver rifiutato le proposte di esilio in Irak o in Libia. Divenne così un martire ispiratore per i suoi 3000 seguaci e discepoli.

L’orribile schizofrenia del cristianesimo
I musulmani sia secolari che religiosi, nazionalisti, modernisti, liberali, tradizionalisti o fondamentalisti erano d’accordo sulla scomparsa della gloria del mondo islamico contemporaneo, sulla perniciosa presenza occidentale e sull’esigenza di una rinascita. Si sentiva il bisogno di una visione islamica. Sayyid la forniva e indicava la via per Dar el Salam – «la pace di Dio quando tutti sono sotto Allah». Così come forniva un’esauriente critica al sistema di vita occidentale moderno. Secondo Qutb, l’uomo era in crisi: ansioso, suicida, depresso, alienato e criminale, dedito all’alcool, al sesso e alla droga ed all’assistenzialismo. Qutb apprezzava la conoscenza scientifica e la produttività economica, ma notava che da questo non proveniva appagamento. Infatti, i paesi più ricchi erano i più infelici. Ciò era dovuto alla spaccatura fra la vera natura dell’uomo e la vita moderna. La critica filosofica occidentale successiva a Nietzsche ha individuato la frattura nel fatale errore dei greci riguardo alla supremazia della ragione umana che ha prodotto la moderna tirannia della tecnologia sulla vita. Per Qutb la frattura era avvenuta a Gerusalemme, il luogo in cui gli ebrei avevano ridotto la rivelazione divina attraverso Mosè a «un sistema rituale rigido e senza vita». Dio aveva inviato il profeta Gesù per abolire le rigide regole e innalzare la spiritualità ebraica, ma i seguaci di Gesù presero la “deplorevole strada” di separarsi dagli ebrei e il suo messaggio venne travisato. I discepoli di Gesù enfatizzarono il suo messaggio di spiritualità e amore ma rifiutarono il sistema legale giudaico stabilito da Dio per adottare invece l’idea greca di separazione nella Trinità fra vita spirituale e vita fisica. Quando il dissoluto imperatore Costantino adottò il cristianesimo, l’unica possibile reazione morale per i cristiani, privati della sacra legge mosaica, fu l’ascetismo monastico, che per Qutb era contrario alla natura dell’uomo nella sua integralità fisica. A questo si aggiunge l’adozione da parte dei Concili degli “incomprensibili, inconcepibili, incredibili, irrazionali” principi della divinità e transustanziazione di Cristo. Come una “orribile schizofrenia” il cristianesimo relegò il mondo fisico – cioè Cesare – da una parte e il comando spirituale – cioè Dio – dall’altra.

Tutta colpa dell’Occidente
Tutto ciò venne corretto, nel settimo secolo, quando il profeta Maometto istituì un nuovo rigido codice legale onnicomprensivo e insegnò all’uomo, quale vicario di Dio sulla Terra, a farsi carico della vita materiale. Gli scienziati musulmani del Medio Evo presero a cuore questa ingiunzione dando il primato al mondo musulmano, ma giunsero i Crociati e i Mongoli come castigo di Dio per la loro disobbedienza, e fu il mondo cristiano del XVI secolo che mise a frutto le loro scoperte. Tuttavia gli europei, influenzati dal dualismo cristiano, separarono la religione dalla ricerca intellettuale, dividendo in questo modo tutto ciò che i musulmani conoscevano come unità. La mentalità occidentale creò la frattura tra cristianesimo e ateismo e scienza. La preminenza tecnologica occidentale dovuta a duemila anni di errore teologico fu così imposta in modo umiliante al mondo islamico nella forma di umanesimo secolare, di democrazia e, al massimo della schizofrenia, di separazione fra Chiesa e Stato, materia della sua più profonda critica agli Usa. Non criticava gli Stati Uniti perché non erano abbastanza liberali, ma perché lo erano del tutto. Qutb accusò i cristiani, gli ebrei e i musulmani che avevano accettato il secolarismo. Propose invece un programma rivoluzionario che ponesse fine a questa schizofrenia della vita moderna riportando l’uomo all’armonia con il mondo naturale e con Dio. La propensione delle donne a inseguire i desideri del cuore e a fare carriera invece di seguire la volontà di Allah su di loro, cioè formare il carattere della generazione futura, era una forma di paganesimo.

Sharia è libertà
Come il sionismo era la continuazione del desiderio degli ebrei di rovesciare l’islam, così l’imperialismo europeo ed americano rappresentavano la continuazione delle Crociate. Per lui non riguardavano il territorio, interessi economici o il dominio militare, ma il dominio ideologico. «Siamo certi che la religione dell’islam è così intrinsecamente genuina, così splendida e profondamente radicata che tutti questi sforzi e urti brutali saranno inutili». Perciò nel suo Pietre Miliari proponeva la creazione di un’avanguardia che testimoniasse con la sua vita la sharia: la legge di Dio, non quella fatta dall’uomo e, ancor peggio, quella sanzionata democraticamente. Morire per la causa non era morire perché la continuazione del movimento avrebbe significato immortalità. Questa avanguardia, animata dallo spirito di obbedienza alla volontà di Dio di Maometto e dei suoi compagni ai gloriosi albori dell’islam, avrebbe istituito il nuovo califfato che avrebbe intrapreso il rinnovamento dell’islam e della civiltà in tutto il mondo governato dalla sharia. Sarebbe stata introdotta la legge del taglione e la fornicazione sarebbe stata un grave delitto in quanto «rappresenta un attacco all’onore e il disprezzo per la santità e un incoraggiamento alla dissolutezza nella società». «Il castigo perciò è severo: per gli uomini e le donne sposate è la lapidazione, per quelli non sposati è la fustigazione, 100 colpi talvolta fatali». «Coloro che minacciano la sicurezza pubblica della società subiranno la crocifissione o avranno mani e piedi mozzati o saranno condannati all’esilio». Per Qutb queste non erano punizioni barbare o primitive. La sharia significava liberazione poiché non si trattava di una sottomissione a leggi fatte dall’uomo, ma a quelle fatte da Dio e in tal modo tutti erano «liberi dalla schiavitù verso gli altri». Un sistema islamico significava «la completa e vera libertà della persona e la piena dignità di ciascun individuo della società. D’altra parte in una società in cui ci sono alcune persone (spesso elette) che, come padroni, fanno le leggi e altre persone che, come schiavi, obbediscono, non si dà libertà in nessun senso, e neppure dignità per ciascun individuo».

Da Qutb a Mohammed Atta
Per Qutb la sharia significava anche libertà di coscienza poiché significava libertà dalle false dottrine che non sapevano riconoscere Dio e libertà dalla schizofrenia moderna. È ciò che significava “vivere all’ombra del Corano”. In ogni caso una vita pia significava jihad, e jihad significava martirio. Ciò spinse negli anni Ottanta tre fazioni armate ad unirsi. Erano gli arabi afghani di Bin Laden, il gruppo islamico egiziano e il jihad islamico guidato da colui che sarebbe diventato il massimo teorico di Al Qaeda, il dottor Ayman al-Zawahiri. Loro fonte di ispirazione è Sayyid Qutb. Il background secolare da cui proveniva produsse anche il più estremista dei nazionalisti arabi, Saddam Hussein, col suo partito nazional-socialista Ba’ath. È per bloccare la loro ulteriore unione che combattiamo in Irak. Non per niente Saddam Hussein mise in massima allerta le sue forze armate appena prima dell’11 settembre 2001. Forse Sayyid Qutb ha visto giusto. Stiamo combattendo una crociata. Contro ogni attesa la democrazia liberale pluralista, senza molto sostegno filosofico, ha respinto le minacce totalitariste del nazi-fascismo e del comunismo. Il fascismo si rifaceva alle glorie di Roma, il comunismo a un’ipotetica “Nuova Gerusalemme”. Un Mohammed Atta, caduto in una segreta schizofrenia nel tentativo di semplificare l’Occidente in una monocultura, ha pensato di mostrarsi seguace di Sayyid Qubt immolandosi e commettendo un suicidio di massa pilotando un jumbo jet contro un grattacielo. Era convinto di essere all’avanguardia della formazione di un nuovo califfato del Settimo secolo nelle certezze granitiche del deserto saudita. Fu come se Gesù avesse saltato quando il Diavolo lo tentò nel deserto.

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