Pornovisione

Col pretesto del film d'Autore, la morte danza intorno a quel che resta della persona umana. In margine al festival del nichilismo in pellicola aspettando quello antiamericano di Venezia

La chiamano già la nuova frontiera del cinema: il porno d’Autore. Film hard, con tutti gli aggeggi e gli ingredienti al posto giusto ma – è questa la novità – con un grande autore dietro la macchina da presa a dirigere i membri del cast. A raccontare acrobaticamente la propria visione allegra e spensierata della vita. Apripista di questa nuova moda, il festival di Locarno, consumatosi nella ridente cittadina svizzera tra il 2 e il 12 agosto. Dopo i successi negli anni scorsi di film con protagoniste pornodive killer (e poi nella vita suicidatesi in solitudine) come Baise Moi – Scopami, e il transessuale superdotato di 20 centimetri, il neo direttore Frédéric Maire ha pensato bene di farcire la rassegna di veri e propri film a luci rosse (anche se prima di qualsiasi proiezione hardtistica, gli spettatori erano avvisati da una scritta in sovrimpressione che «certe scene possono urtare la sensibilità dello spettatore»).
«Il sistema etico cristiano, la società dei consumi e gli standard commerciali americani sono aggressioni al senso della vita». Parola di Tatsushi Omori, presente a Locarno con il suo ultimo lavoro, Il sussurrare degli dei, in cui il regista nipponico racconta una storia d’ordinaria depravazione ambientata in un monastero cattolico. Dove, tra le altre cose, il rettore coi sacri testi in mano ama intrattenersi con i novizi in sedute di sesso orale. La risposta a Il grande silenzio, il film campione d’incassi in Germania sulla vita di un gruppo di monaci certosini, non è semplicemente l’opera eccentrica di un pazzo furioso ma è l’ennesimo attacco di un cinema che ha perso l’uso della ragione e che per prendere di mira la Chiesa (cattolica) finisce per distruggere letteralmente l’uomo.
Non è fiction ma è un documentario, Nobody is perfect dello svizzero Raphael Sibilla, vera e propria ricognizione attraverso le esperienze sessuali più estreme, dai locali per scambisti fino al mondo transessuale e sadomaso (uno dei locali visitati ha un nome allusivo: Torture Garden). Si scoprono parecchie cose vedendo il documentario di Sibilla: dalla tecnica giapponese dello shibari, una sorta di orgia artistica, alla scoperta di alcuni club in cui ragazze, rigorosamente maggiorenni, ma vestite da adolescenti, soddisfano le voglie del cliente, fino ai locali adibiti all’esibizionismo più puro. Nulla a che vedere però con il porno più prestigioso ospitato dalla kermesse svizzera, Destricted – A selection, vero e proprio film a tema per il quale hanno lavorato quattro diversi autori chiamati a esprimere visivamente la propria idea della sessualità. E così largo a nuove, mai viste pratiche masturbatorie e forme scanzonate di sesso estremo. Il tutto firmato da Gaspar Noé (quello di Irreversible con Monica Bellucci violentata da dietro nel sottopassaggio della metropolitana), Larry Clark (il suo capolavoro è Bully, storia di ragazzi alle prese con droghe, sesso e filmini gay), Marina Abramovic e Matthew Barney.
Non è stato invece compreso il cult movie della Locarno a luci rosse. è un corto (nel senso di durata della pellicola), si chiama significativamente Movements e lo girano due tedeschi, Daniel e Gheo, che degli attori non hanno inquadrato altro se non i volti e i piedi. Il tutto accompagnato da musiche. Troppo sperimentale, troppo lirico anche per i palati fini dei cinefili svizzeri. Per fortuna è andata meglio alla nostra Roberta Torre, che con Mare nero spedisce il poliziotto Luigi Lo Cascio nel mondo degli scambisti.

Lo zampino della Cia nel caso Lennon
Un festival a luci rosse, quello di Locarno, per dirsi semplicemente contro: contro la Chiesa ridotta a un manipolo di depravati in tonaca scura, contro la famiglia che è sostituita da coppie scambiste e contro l’amore gratuito rappresentato come un groviglio di carne. è l’ideologia del nulla che da tempo si fa strada al cinema e che trova proprio nei festival più importanti un trampolino di lancio mediatico. Anche alla prossima Mostra di Venezia (30 agosto – 9 settembre) non mancheranno gli scandali, soprattutto in chiave politica e antiamericana. Dopo l’annuncio che a partire dall’edizione 2007 verrà istituito un Leone gay a premiare il miglior film a tematica omosessuale, sono già tre i film che la critica definisce i capolavori della prossima rassegna, nonostante nemmeno un fotogramma sia stato fatto vedere: When the Leeves Broke , il documentario diretto da Spike Lee che attribuisce il disastro dell’uragano Katrina all’amministrazione Bush; The U.S. vs. John Lennon, che ripercorre l’omicidio Lennon chiamando in causa come imputato la Cia. Ma il film che più attendiamo è L’etoile du soldat, di Cristophe de Ponfilly, coproduzione franco-afghana, con protagonista un soldato russo che, imprigionato nel 1984 dagli afghani, sarà quasi adottato da nemici che scoprirà essere eroici partigiani. Una sorta di Piccolo grande uomo antiamericano. I cattivi infatti sono loro, gli uomini della Cia. Sono loro ad aver armato i gruppi islamisti antisovietici. Sono loro, insinua De Ponfilly, i responsabili degli attentati dell’11 settembre.

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