Perché è doveroso fermare la mano assassina di Gheddafi

La Libia è in piena guerra civile e per noi italiani è doveroso aiutare la popolazione con ogni mezzo possibile. Così come è importante fermare le violenze di Gheddafi

Accendo la tv, vedo la guerra in Libia e provo un senso insieme di commozione e di rabbia. Di commozione, perché tocca il cuore vedere migliaia di persone che lasciano tutto per riappropriarsi della libertà, sottratta loro per decenni da uno psicopatico criminale come Gheddafi. Vedi falegnami, operai, muratori, professori che imbracciano il fucile per combattere contro le forze soverchianti del dittatore. Lui, che negli anni si è arricchito a dismisura sottraendo ricchezza al suo popolo, ha tutte le armi più moderne e micidiali e non esita a usarle contro il popolo, pur di restare in sella; loro, i ribelli, combattono con armi di fortuna. Con quello che capita. Non sono soldati, vedi che spesso non sanno nemmeno come si imbraccia il mitra; ma sono mossi dalla sete di libertà. Per loro. E per i loro figli. Li vedi, gente semplice che rischia la morte in ogni istante; e ti viene rabbia.

 

Rabbia contro il tiranno, certo. Ma anche contro la comunità internazionale. Che esita di fronte a decisioni che dovrebbero essere già state prese: come l’imposizione di una no-fly zone sui cieli della Libia. L’esercito del dittatore è infinitamente meglio attrezzato, organizzato e armato dell’armata Brancaleone dei ribelli; se si lascia che lui conservi anche la possibilità di sterminarli dal cielo, mentre loro non hanno neanche un aereo, la partita è già chiusa. Perché la forza della violenza troppo spesso prevale sulla forza della disperazione. Cinquecento anni fa Machiavelli diceva che i profeti disarmati sono destinati alla rovina. Purtroppo è così. Un altro pazzo criminale, Hitler, non sarebbe mai stato scalzato se i suoi avversari non avessero prevalso su di lui con le armi. Non possiamo paragonare certo Gheddafi a Hitler, se non per le turbe psicologiche che agitano entrambi, la loro voglia di rimanere al potere a tutti i costi e per il morbo dell’antisemitismo che è presente anche nel tiranno libico. Però fa rabbia vedere che gli unici a scendere in piazza contro il dittatore sono i libici presenti in Italia. Non scendono in piazza con loro studenti, sindacati, centri sociali: perché? Ne ho parlato qualche sera fa con alcuni ragazzi libici. Fuggiti dal loro paese, sbarcati a Lampedusa, hanno risalito la penisola e sono arrivati a Milano. Dove vivono sulla strada. Aiutati dai City Angels. Perché, mi hanno chiesto, non fermate Gheddafi? Perché gli permettete di continuare a massacrarci? Lo vogliono innanzitutto il sentimento di umanità e di giustizia. E anche il buon senso: se le stragi e la repressione continuano saranno sempre di più i libici che fuggiranno verso di noi. Le operazioni umanitarie, per aiutarli nei campi profughi, sono doverose. Ma bloccare la mano assassina di Gheddafi è altrettanto doveroso. La Libia è in piena guerra civile. Ha vissuto il suo 25 luglio, le statue del duce sono state rovesciate. Ma ora il ducetto di Tripoli ha sguinzagliato i suoi repubblichini, la sua Gestapo, le sue SS per salvarsi. E’ compito del mondo libero aiutare i partigiani anti-Gheddafi. Per far sì che arrivi presto, anche in Libia, il 25 aprile.

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