Pensione Europa

LA GRANDE RIMOZIONE EUROPEA RIGUARDA L'INSOSTENIBILITÀ FINANZIARIA DEL WELFARE STATE. L'ULTIMO RAPPORTO DEL CEFASS METTE GOVERNI E SOCIETÀ CIVILE DI FRONTE ALLE LORO RESPONSABILITÀ. E OFFRE ACUTI GIUDIZI CULTURALI

Se l’hanno scorso ve lo siete perso, quest’anno non lasciatevelo sfuggire. Il Rapporto 2005 del Cefass, Il welfare in Europa: i principali fattori di una crisi, non è solo una miniera di dati angoscianti circa l’insostenibilità finanziaria del welfare state europeo. Il rapporto propone e valorizza esempi in positivo circa il miglioramento della gestione delle risorse pubbliche nella protezione sociale e accompagna il tutto con giudizi culturali che vanno ben al di là dell’osservazione sociologica e della valutazione economica. Valga per tutti la sontuosa conclusione: «Certamente non sarà facile per i cittadini europei comprendere che il benessere raggiunto deve essere riguadagnato, ma, come sanno tutti, la ricchezza per espandersi non può essere solo accumulata, deve essere investita e spesa: non è solo un problema di provvedimenti legislativi, ma di educazione. (.) Da questo, come dal precedente rapporto del Cefass, risulta evidente che la non considerazione della grave difficoltà in cui versa il welfare europeo, non è l’opzione di una diversa analisi politica culturale o politica, è una vera e propria alterazione del rapporto con la realtà; una alterazione paragonabile a quella indotta dall’ideologia comunista a riguardo della perfezione della società da essa prodotta. Vivere in Europa significa che ogni anno e per ciascun cittadino della UE-15, sono spesi circa 7.000 euro per assicurare contro l’ignoranza, la malattia, la vecchiaia e gli altri malanni della vita. Ciò è certamente positivo e potrebbe magari essere incrementato, ma non alle condizioni attuali, che stanno creando un debito insostenibile per gli stati. La delega allo Stato delle garanzie della sicurezza esistenziale sta creando nei più una passività perniciosa, una disoccupazione, che prima di essere lavorativa è culturale».
L’acume e la nettezza del giudizio si spiegano coi nomi degli autori: Maite Barea, professore associato di economia applicata all’Università autonoma di Madrid, è autrice di 70 pubblicazioni e figlia di quel Josè Barea, consulente economico di Josè Maria Aznar, che aiutò a porre le basi del miracolo economico spagnolo nel decennio alle nostre spalle; Giancarlo Cesana, ordinario di medicina del lavoro all’Università di Milano-Bicocca, è coautore di 200 pubblicazioni sui rapporti tra fattori sociali e malattia e acuto osservatore dei fenomeni sociali; Angelo Carenzi, direttore del Cefass, è un ricercatore medico-scientifico che oltre ad avere all’attivo numerose pubblicazioni ha diretto molte aziende sanitarie lombarde. Il Cefass, lo ricordiamo, Centro europeo di ricerca e formazione in sanità e sociale, è stato creato nel 2001 dal presidente della Regione Lombardia Roberto Formigoni per dare un orizzonte internazionale alla ricerca e alla formazione lombarde; ed è diventato infatti l’antenna italiana dell’Eipa, l’Istituto europeo per la Pubblica Amministrazione che da 25 anni opera come organismo specializzato dell’Unione Europea (Ue).

IL LAVORO SECONDO CAMUS
Quest’anno il rapporto racconta di un’Europa dove la spesa per protezione sociale è già pari al 68 per cento della spesa della Pubblica Amministrazione, e nel 2050 toccherà l’80-82 per cento: cosa mai resterà da spendere per raggiungere gli obiettivi della strategia di Lisbona, cioè l’ambizioso progetto di fare della Ue «la prima area al mondo nell’economia del sapere»? L’invecchiamento della popolazione dipende sia dalla flessione dei tassi di natalità che dal fatto che si vive molto più a lungo che in passato: oggi arrivati a 60 anni si ha la stessa speranza di vita residua che una persona di 35 anni aveva nell’anno 1900. Una cosa indubbiamente molto bella, ma che pone problemi economici e politici: nel 1950 in Europa c’era un pensionato ogni 11 lavoratori; oggi ce n’è uno ogni 3; nel 2050 ce ne sarà uno ogni 1,5. Che fare? Certo, bisognerà lavorare di più. Ma senza dimenticare il monito di Albert Camus che Cesana ha ricordato alla presentazione del rapporto: «Senza lavoro tutta la vita se ne va in pezzi, ma quando il lavoro è senza anima, la vita soffoca e muore».

Exit mobile version