Pensione Agnelli

Accordo Fiat-GM. Perché, nonostante il chiasso dei media italiani, per la Borsa è stata un’operazione di normale routine. La Fiat S.p.A? Non sarà altro che una specie fondo comune per tutelare il patrimonio degli eredi Agnelli

Si volta pagina. Gli assetti della “old economy”, l’economia basata sulle industrie manifatturiere tradizionali e sulle dinastie familiari o sulla longa manus dello stato, mandano un altro segnale di cambiamento profondo, sotto la pressione dei tempi. Che la Fiat Auto sia diventata definitivamente americana è una realtà che la stampa di regime sta penosamente cercando di nascondere, sollevando la cortina fumogena della formulazione tecnica delle clausole del contratto di cessione. Il fatto che, per il momento, solo il 20% dell’azienda automobilistica sia passato di mano e che il gruppo Fiat mantenga un’opzione di vendita sul resto rimanendo proprietaria dell’80%, non cambia la sostanza: il diritto di prelazione concesso alla GM fa di quest’ultima l’unica acquirente possibile per il futuro. La strada è segnata e obbligata: è solo questione di tempo, una risorsa praticamente illimitata per un compratore che è rappresentato da una “public company”, vale a dire una società le cui azioni sono detenute da una galassia di istituzioni di investimento (fondi comuni, fondi pensione, trusts ecc.), mentre è piuttosto scarsa per venditori che rimangono, sostanzialmente, persone fisiche.

Su chi sia ormai il padrone di Fiat Auto non c’è più storia: questo spiega anche il disinteresse della borsa dopo la pubblicazione dell’accordo. Non essendoci più prospettiva di competizione sulla proprietà, i titoli della holding Fiat SpA quotata in borsa non sono certo destinati a diventare merce rara, che ci si strappa di mano, mentre la strategia finanziaria futura del gruppo torinese rimane avvolta dalle nebbie del Po. La vendita dell’80% avverrà anch’essa con lo scambio di nuove azioni GM o sarà per contanti? E come, eventualmente, saranno impiegati i mezzi finanziari ricavati dalle vendite future? E chi saranno gli uomini che faranno queste scelte? La Fiat S.p.A. non sarà altro che una specie di fondo comune che servirà a tutelare il patrimonio degli eredi Agnelli? Quello che però emerge, di nuovo, è la debolezza del modello capitalistico europeo continentale nei confronti del modello anglosassone. Nel DNA di quest’ultimo c’è la potenzialità, frenabile solo da considerazioni di opportunità politica, di divenire il dominatore delle grandi imprese a livello globale. Il continente europeo continua a dibattersi nella dialettica tra statalismo e feudi familistici: un gioco dove non si può che perdere.

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