Pasinetti, genio del cinema. Una mostra nel Teatro dei Dioscuri, a Roma

È stato sceneggiatore, drammaturgo, brillante critico (ha portato il cinema alla radio, tra i primi), docente del Centro Sperimentale. È stato un  geniale maestro e precursore, prematuro in tutto

Francesco Pasinetti, chi era costui? Per Michelangelo Antonioni era un simbolo. Per Vittorio De Sica niente di meno che “la nostra coscienza”. È stato il primo ragazzo d’Italia a laurearsi con una tesi sul cinema (era il 1933, aveva 22 anni). Suo è il primo libro pubblicato nel paese sul tema. Suo il film “Il canale degli angeli” del 1934, capolavoro neorealista, che non esisteva ancora, era il 1934. Suoi alcuni documentari, splendidi, sulla sua Venezia, sull’arte, sull’industria, sulla chirurgia, e ancora oggi vederli fa pensare al cinema che sarebbe venuto venti anni dopo. Sue le scoperte di alcuni giovani: Michelangelo Antonioni, Renato Guttuso, Pietro Ingrao (sì, proprio il politico), Citto Maselli, i primi passi di Alida Valli. È stato sceneggiatore, drammaturgo, brillante critico (ha portato il cinema alla radio, tra i primi), docente del Centro Sperimentale. È stato un  geniale maestro e precursore, prematuro in tutto (aveva 37 anni quando è scomparso). Ancora oggi, a quasi 70 anni dalla scomparsa, Francesco Pasinetti è oggetto di un vero culto per una schiera di cinefili, che attende un riconoscimento da parte di un pubblico più largo. Ma Pasinetti è stato anche un fotografo. E come per il suo cinema, un fotografo dai risultati sorprendentemente moderni e felici.

Ora per la prima volta a Roma una grande mostra permette di scoprire la sua produzione fotografica, e di fare il punto sulla sua figura di geniale anticipatore. Pasinetti fotografo e cineasta è il titolo dell’esposizione al Teatro dei Dioscuri al Quirinale, ideata e curata da Carlo Montanaro, organizzata e promossa da Istituto Luce-Cinecittà in collaborazione con il CSC – Centro Sperimentale di Cinematografia, aperta al pubblico fino al 28 gennaio del prossimo anno, che presenta in 80 scatti degli anni ’30 e ’40 restaurati e stampati da Francesco Barasciutti, lo sguardo dell’artista.

Punto di partenza la città natale di Pasinetti: città di scorci, di prospettive. Città di puro cinema naturale, da cui molto del cinema italiano ha preso le mosse (basti pensare al Festival, di cui Pasinetti è stato un memorabile cronista). Ritroviamo nella prima sezione i luoghi simbolo della città, da San Marco alla colonna del Leone, ai canali e le Case più splendide, fino ai Campi, alle corti, agli interni più intimi dei palazzi. Una città che in queste foto diventa l’idea (il sogno) di una città, stabilizzata in una sorta di classicità senza tempo. Forse per l’ultima volta la città Serenissima appare nella regolarità geometrica della sua progettazione, così precisa da vanificarne il tessuto, tra il labirintico e il caotico, rimasto quasi immutato nei secoli.

Nella sezione intitolata Il cinema Pasinetti racconta la passione e il lavoro di una vita. Nell’arco di una carriera fulminante, Pasinetti ha girato numerosi documentari, e un lungometraggio-capolavoro ‘Il canale degli angeli’, scritto sceneggiature, critiche, numerosi saggi sul cinema, e ha svolto un importante ruolo di talent scout. In questi splendenti bianco e nero troviamo istanti rubati alla realizzazione di un film, dentro i set. I provini di fotogenia di aspiranti attori e attrici come Alida Valli – in pose che valgono la mostra, per la bellezza e il talento acerbo che raccontano – e Carla Del Poggio. Maria Denis ammicca da un set in cui fa capolino anche Mussolini, mentre da alcuni formidabili esterni riconosciamo il cinema del futuro: le rive padane che non possono non ricordare Antonioni o Paisà, la geometria applicata agli esterni che sarà una delle chiavi di volta del Neorealismo. In queste foto un grandissimo regista, che tale non fu solo per la fine prematura, mette in scena un’idea di cinema che avrebbe lasciato un’influenza tangibile.

In Non solo Venezia la macchina di Pasinetti sperimenta luoghi, e soprattutto stilemi differenti. Negli anni ’30 in America la comunicazione visuale si evolse nel rotocalco (come «Life»), nel quale le immagini valgono almeno quanto i brevi testi che le accompagnano. Una formula importata in Italia (ad esempio per la rivista «Tempo») e che si avvalse anche del lavoro di Francesco Pasinetti che, ovunque fosse, portava sempre a tracolla una fotocamera. E che sapeva con frequenza andare oltre l’evidenza del soggetto, per renderlo emblematico, che raccontava spesso i luoghi urbani (da Roma a Recanati, a Napoli, a New York) oltre che trarre ispirazione dalla perfezione della natura colta (come un pittore) in un istante possibile della sua eternità. Qui le atmosfere citate di preneorealismo e Antonioni, fanno addirittura presagire in certe simmetrie le visioni ante-litteram di un Ghirri. E qui troviamo un fotografo che sperimenta nelle immagini dedicate alla figura umana, in nudi, in ritratti e giocosi e inusitati autoritratti.

L’ultima sala del percorso è dedicata al nonno di Pasinetti, Guglielmo Ciardi (Venezia 1842 – 1917), pittore vedutista, attratto dal paesaggio lagunare e dell’entroterra veneto. La mostra ospita quattro disegni del Ciardi, in perfetto pendant con le fotografie di Pasinetti. Un filo rosso del ‘paesaggio di linguaggio’ dove si scopre come quello che per il nonno era la carta, magari grigia con segni di graffite, per il nipote diventò l’argento, fissato dalla luce e rivelato nelle immagini in bianco e nero.

@Ferronix

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