Papa: l’uomo non può trovare risposta «in se stesso e nel progresso»

Benedetto XVI dedica alla preghiera la seconda udienza generale e riflette su «come la preghiera e il senso religioso facciano parte dell'uomo e della storia», rilevando che «l'uomo digitale come quello delle caverne, cerca nell'esperienza religiosa le vie per superare la sua finitezza»

La seconda catechesi di Benedetto XVI dedicata alla preghiera è iniziata con la riflessione su «come la preghiera e il senso religioso facciano parte dell’uomo e della storia» e non siano indotti da alcun contesto. Il Papa ha ricordato che sebbene viviamo in un epoca secolarizzata, che fa credere all’uomo di essere autosufficiente, ci sono vari segni che ci indicano un risveglio del senso religioso: «L’esperienza del secolo scorso, con le due grandi Guerre mondiali, ha messo in crisi il progresso della ragione autonoma, che l’uomo senza Dio sembrava poter garantire».

Ma, ha continuato il Santo padre citando il catechismo della Chiesa cattolica, «mediante la creazione Dio chiama ogni essere dal nulla all’esistenza… anche dopo aver perduto la somiglianza con Dio a causa del peccato… Egli conserva il desiderio di Colui che lo chiama all’esistenza». Perciò l’uomo non può trovare risposta «in se stesso, nel progresso, nella scienza empirica». L’uomo per sua natura religioso, ha proseguito Ratzinger, «attraversa tutta la storia dell’umanità… L’uomo digitale come quello delle caverne, cerca nell’esperienza religiosa le vie per superare la sua finitezza».

Perciò ci sono le religioni da cui «gli uomini attendono la risposta ai reconditi enigmi della condizione umana, che ieri come oggi turbano profondamente il cuore dell’uomo». E anche oggi, ha sottolineato, il Papa «per quanto si sia illuso e si illuda tuttora di essere autosufficiente, egli fa l’esperienza di non bastare a se stesso. Ha bisogno di aprirsi ad altro, a qualcosa o a qualcuno, che possa donargli ciò che gli manca, deve uscire da se stesso verso Colui che sia in grado di colmare l’ampiezza e la profondità del suo desiderio».

Il Pontefice ha poi ribadito che la religiosità è naturale e lo stesso vale anche per la preghiera, «che non è legata ad un particolare contesto, ma si trova inscritta nel cuore di ogni persona e di ogni civiltà».  Subito dopo il Papa ha sventato il dubbio che si tratti di un esperienza esteriore, perché la preghiera «è un atteggiamento interiore, prima che una serie di pratiche o formule, un modo di essere di fronte a Dio prima che il compiere atti di culto o il pronunciare parole». Essa, ha continuato Benedetto XVI, può essere soggetta a fraintendimenti e a mistificazioni, mentre «pregare è difficile. Infatti, la preghiera è il luogo per eccellenza della gratuità, della tensione verso l’invisibile. Perciò l’esperienza della preghiera è per tutti una sfida, una grazia da invocare, un dono di Colui al quale ci rivolgiamo».

E’ qui che Ratzinger ribalta completamente il metodo, sottolineando che con l’Incarnazione la preghiera non nasce più solo da un movimento iscritto nel cuore umano: «Tuttavia solo nel Dio che si rivela trova pieno compimento il cercare dell’uomo. La preghiera che è apertura ed elevazione del cuore a Dio, diviene così rapporto personale con Lui. E anche se l’uomo dimentica il suo Creatore, il Dio vivo e vero non cessa di chiamare per primo l’uomo al misterioso incontro della preghiera. Come afferma il Catechismo: “Questo passo d’amore del Dio fedele viene sempre per primo nella preghiera; il passo dell’uomo è sempre una risposta. E a mano a mano che Dio si rivela e rivela l’uomo a se stesso, la preghiera appare come un appello reciproco, un evento di alleanza».

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