P. Cervellera (AsiaNews): «La Cina ha paura di finire come Libia e Tunisia»

Secondo il direttore di AsiaNews, p. Bernardo Cervellera, il regime comunista cinese ha permesso a pochissime persone oggi di recarsi al santuario della Madonna di Sheshang, in occasione della Giornata mondiale di preghiera per la Chiesa cinese indetta nel 2007 da Benedetto XVI. Cervellera: «La repressione del governo aumenta, hanno paura delle rivoluzioni»

«In Cina c’è il timore di finire come la Libia o la Tunisia, il governo ha paura delle rivoluzioni. Le condizioni ci sono tutte: il prezzo del cibo è alto, il paese è pieno di giovani e decine di milioni di loro sono senza lavoro. Per questo cercano di fermare preventivamente tutto ciò che potrebbe portare ad una rivoluzione e anche per questo arrestano e perseguitano sempre più cristiani protestanti e cattolici». In occasione della Giornata mondiale di preghiera per la Chiesa cinese, istituita nel 2007 da Benedetto XVI, che coincide con la festa di Maria aiuto dei cristiani, venerata nel santuario nazionale di Sheshan, a circa 40 km sud-ovest da Shanghai, il direttore di AsiaNews p. Bernardo Cervellera spiega a Tempi perché la repressione del regime nei confronti dei cattolici è aumentata.

Pechino ha permesso ai cinesi di andare in pellegrinaggio al santuario della Madonna di Sheshan, come da tradizione?
Alla “chiesa ufficiale”, cioè quella capeggiata dall’Associazione patriottica e quindi dal governo cinese, è stato proibito di recarsi al santuario per tutto il mese di maggio. E’ stata organizzata qualche preghiera comune, poco di più. Per quanto riguarda la “chiesa sotterranea”, invece, che è in comunione e obbedisce al Papa, a Sheshan è potuto andare solo il vescovo ausiliare di Shangai mons. Xing Wenzhi, che ha celebrato una piccola messa con pochissime persone. Nessuna diocesi della Cina ha potuto partecipare oggi, quella di Shangai si è dovuta recare al santuario l’11 maggio. Erano decine di migliaia le persone che ogni 24 maggio si recavano a Sheshan e da quando il Papa ha istituito la giornata mondiale di preghiera, il regime comunista non permette più a nessuno di andare. Molti sacerdoti di Shangai sono stati portati dalla polizia a fare delle “gite” a spese del governo, per impedire che facessero dei pellegrinaggi, altri, nel nord della Cina, sono stati arrestati. Una cosa tremenda è che oggi doveva essere annunciato a tutti anche l’inizio della beatificazione di Paolo Xu Guanqi, ma il governo l’ha impedito.

Negli ultimi mesi la situazione dei cattolici in Cina è peggiorata?
Sì, la stretta del governo è aumentata. Nella chiesa sotterranea ci sono sacerdoti controllati a vista, altri arrestati. In quella ufficiale molti sacerdoti vengono obbligati ad agire contro la volontà e le indicazioni del Papa.

Qualche esempio?
Nel novembre scorso è stato ordinato il vescovo di Chengde senza il permesso della Santa Sede. Fedeli e vescovi ordinati dal Papa sono stati costretti a partecipare all’assemblea. Molti hanno tenuto tutto il tempo la testa bassa, senza mai parlare, in segno di dissenso e ci vuole del coraggio per farlo. Altri si sono rifiutati di partecipare a messe con vescovi scomunicati. Ma c’è di peggio.

Cioè?
Il presidente emerito dell’Associazione patriottica ha dichiarato che il Vaticano la deve smettere di interessarsi della Chiesa in Cina.

Perché il governo cinese si è fatto più intransigente nei confronti dei cattolici?
Ci sono due motivi. Il primo è la strizza dell’Associazione patriottica che, nonostante le continue intimidazioni, deve constatare che i cattolici cinesi sono sempre più uniti al Papa. Anche i vescovi ufficiali desiderano avere un rapporto con il Vaticano. Questo è uno smacco tremendo per l’Ap, che vuole costruire una Chiesa indipendente da Roma e per questo sono aumentate ulteriormente le violenze.

E il secondo?
Più in generale, siamo in un momento in cui la Cina ha molta paura di quello che sta succedendo in Libia. Teme le rivoluzioni e ci sono validi motivi: il prezzo del cibo è alto, i giovani sono molti, decine di milioni non hanno lavoro e hanno paura che la società si rivolti. Di conseguenza, il controllo e la repressione della polizia sono aumentati nei confronti di attivisti per la democrazia, avvocati che difendono i diritti umani, artisti che magari parlano troppo male del regime e tutti quelli che possono favorire lo scoppio di una rivolta come cristiani protestanti e cattolici.

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