Oggi l’aumento sulle accise per birre e superalcolici. Assodistil: «Così muoiono piccole e medie aziende»

Intervista a Antonio Emaldi, presidente dell'associazione. «Se i produttori di grappa vanno in crisi, andrà in crisi anche l'attività vinicola»

«Dal 2006, anno in cui c’era stato l’ultimo aumento delle accise, ad oggi, abbiamo registrato un calo progressivo dei consumi, un cambio nello stile di vita degli italiani. Se a questo sommiamo l’ulteriore primo aumento delle accise in vigore dal 10 ottobre, possiamo ben immaginare l’umore dei produttori di distillati», spiega Antonio Emaldi, presidente di Assodistil, l’associazione fondata nel 1946 che raduna a sé gli industriali di distillati e acquaviti.

Presidente, a cosa è dovuto questo consistente calo dei consumi?
La grappa è un prodotto tipicamente italiano, che viene solitamente assunto in un momento specifico della giornata. Il dopo pranzo, se si tratta di una tavolata della domenica, o il dopo cena, per un momento di relax, di calma e meditazione. Purtroppo gli italiani stanno perdendo quest’abitudine, un po’ per mancanza di tempo, un po’ perché spopola la moda dei cocktail. E così il posto del distillato lo prende la vodka o il rhum, da consumare mescolato a bevande gassate o energy drink. Prodotti alcolici industriali di larga scala, niente di più lontano dalla lentezza e dalla cura che serve alla goccia che cade negli alambicchi per produrre la grappa.

Che tipo di imprese ad oggi producono grappa in Italia?
Sono associati ad Assodistil circa 150 aziende, e l’85 per cento di queste è sono piccole o medie, per lo più aziende legate alla tradizione famigliare e al proprio territorio. Su di loro anche un piccolo aumento diventa molto pesante. Abbiamo scritto una lettera al ministro Flavio Zanonato e ci ha risposto mostrando sensibilità nei confronti del settore e delle sue problematiche. Speriamo che questo possa servire nelle prossime fasi politiche. Quando il decreto legge, per l’aumento delle accise in tre momenti differenti, passerà alla discussione per la trasformazione in legge, entro 60 giorni dalla sua entrata in vigore, qualcosa potrebbe cambiare.

All’aumento delle accise, si somma l’aumento dell’Iva.
Dal 10 ottobre l’accisa cresce del 14,12 per cento. E l’Iva aumenta al 22 per cento. Quindi finiremo a pagare un’imposta sull’imposta. Se pensiamo che a gennaio, potenzialmente, l’accisa dovrebbe passare al 30 per cento, c’è davvero da disperarsi.

Calano i consumi in Italia, ma come procede l’export?
C’è un interesse in costante crescita, il problema è che questo riguarda solo le grandi aziende. Servono grandi stabilimenti per produrre anche una parte di produzione da destinare ai mercati della comunità europea o extra europea, e servono grandi capitali per poter sopportare i costi delle spedizioni, delle tasse doganali e quant’altro. Costi che quell’85 per cento di piccole e medie imprese non si possono permettere, per questo si rivolgono al mercato italiano o regionale. Oltretutto, la grappa è un prodotto legato all’attività vinicola, orgogliosamente italiana, in quanto ne sfrutta gli scarti. Si parte da un prodotto non nobile, come la vinaccia, e lo si rende nobile, con la grappa. Tutto nell’agricoltura è collegato, e se i produttori di grappa vanno in crisi, andranno in crisi anche le aziende agricole da cui ci riforniamo per avere le materie necessarie alla produzione.

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