Nuovi diritti, il popolo è bue (fino a un certo punto)

Forse qualcuno tra i progressisti ha capito che la martellante campagna su eutanasia e gender interessa solo una minoranza, e non quello che si chiamava una volta "popolo della sinistra"

Enrico Letta, segretario del Pd

Che abbiano esagerato, se ne stanno accorgendo anche loro. Che questo significhi un sovrappiù di consapevolezza, questo no. Non è realismo, se non nella sua versione calcolatoria. Stiamo parlando di diritti – “nuovi diritti”, come si dice – e dell’ossessione progressista che ne ha fatto una bandiera – “la” bandiera – di tutta la loro politica. E se stessimo esagerando? E se fosse controproducente? Queste le domande che iniziano a fare capolino.

Come ha segnalato Marina Terragni, lo ha detto Hillary Clinton al Financial Times: «I democratici sembrano fare di tutto per perdere le elezioni tenendo alte le cause degli attivisti – in particolare il dibattito sui transgender – che sono rilevanti solo per una piccola minoranza. Che senso ha dipingere JK Rowling come una fascista?». La Clinton non s’è improvvisamente trasformata in Costanza Miriano. Sta semplicemente facendo un freddo calcolo sulle possibilità di vittoria dei democratici ai prossimi appuntamenti elettorali. Volgarizzando, si potrebbe tradurre così la domanda della Clinton: non è che a continuare a battere su certi temi che interessano pochissimi si rischia di allontanare i moltissimi che hanno altre e più urgenti questioni da affrontare?

Di’ qualcosa di sinistra

Un po’ è la stessa domanda/richiamo che è contenuta nella lettera di Carlo De Benedetti a Enrico Letta pubblicata su Domani. La “tessera numero uno del Pd” dice al segretario di smetterla di «parlare soltanto di alleanze, discorsi che nella mente della gente evocano soltanto giochini politichesi molto sgraditi, e presenti invece un vero progetto progressista contenente proposte certo fattibili e realistiche, ma che non diano l’impressione di essere la solita minestra».

Come si vede, il richiamo di De Benedetti non è sui nuovi diritti, ma sul “teatrino della politica”, direbbe Silvio, ma il malessere che esprime è lo stesso: che idee ha per il Paese? Cosa vuole fare? Enrico, di’ qualcosa di sinistra, direbbe Nanni.

Un concentrato di slogan

Se andate a riascoltarvi l’intervento del segretario del Pd a “Repubblica delle idee” – il Meeting di Bologna dei progressisti – ci troverete i richiami al fine vita, allo Ius scholae, al ddl Zan, più “qualcos’altro”. Ma l’accento è sui primi temi, non sul “qualcos’altro”. Il ritornello è sempre lo stesso: «Avanti tutta sui diritti, la destra è ferma al passato».

Se sfogliate La Stampa – giornale che, ormai, ancor più di Repubblica, incarna il radicalismo chic della sinistra – trovate ogni giorno paginate e paginate su suicidio assistito, “diritti gay” et similia. Date una lettura all’editoriale con cui il direttore Massimo Giannini ha motivato la partecipazione dei suoi giornalisti al Gay Pride. Un concentrato di slogan.

E poi si incazza

Appunto, “slogan”, that is the question. Tra una Marina Terragni e una Michela Marzano, che abisso. Da un lato, un continuo esercizio di ragione, di cuore e di cura nel motivare e illustrare quel in cui si crede (la pagina di ieri su Repubblica intitolata “Ma le donne esistono ancora“, perfetta), dall’altro la sbrigativa squalifica dei trogloditi contro i quali non esiste altra soluzione che l’imposizione.

La vita, la morte, la nascita, il sesso, l’amore, non sono cose di poco conto, anzi. Le “questioni antropologiche”, per dirla alla Ruini, sono la stoffa della vita. Oggi, però, questa stoffa è usata per cucire la camicia di forza dei “diritti” con cui si vuole limitare la libertà altrui. Per gli altri c’è posto solo nel manicomio degli impresentabili.

Nel suo cinismo calcolatore, forse l’ha capito anche Hillary Clinton: il popolo è bue fino a un certo punto. Prima s’annoia e non ti vota. Poi s’incazza e vota Trump.

Foto Ansa

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