Non erano «ladri di bambini». Della Monica e il vero «scandalo» delle adozioni internazionali

La presidente e vicepresidente Cai voleva «creare un sistema parallelo all’albo degli enti autorizzati per le adozioni internazionali». Parla Marco Griffini, presidente Ai.Bi.

«Nel mondo politico e delle adozioni, tutti sapevano che tipo fosse Silvia Della Monica, anche se non sospettavamo i suoi atteggiamenti scandalosi nel corso del processo a Savona». Così Marco Griffini, presedente di Ai.Bi., commenta a tempi.it l’articolo recente del Fatto Quotidiano che ha svelato «i tre anni di ombre, veleni e conflitti politico-giudiziari» dell’ex magistrato e senatrice Pd, fino a pochi giorni fa a capo della Commissione adozioni internazionali (Cai). Il giornale ha infatti rivelato che durante il processo per truffa a Savona (apertosi nel 2014) nei confronti dei vertici dell’onlus Airone, Della Monica avrebbe favorito gli indagati: li «avvisava di “non usare il cellulare”, faceva sparire dal suo ufficio “documenti pericolosi” nel cuore della notte, usava le coppie come contraltare alle critiche e gli ex colleghi di partito per condizionare il vento della politica in proprio favore».

Griffini conferma che la figura di Della Monica ha suscitato perplessità fin dal suo insediamento come vicepresidente della Cai nel 2014, in quanto non aveva i titoli necessari: «Questa carica è riservata per regolamento a un magistrato minorile o comunque a professionisti che hanno esperienze con i minori, e il curriculum di Della Monica era di tutt’altro tipo». Altrettanto stupefacente è stata la sua successiva nomina a presidente della stessa Cai per delega dell’allora premier Matteo Renzi, perché «questa posizione è sempre stata affidata a un ministro. Con questa mossa inaspettata, la stessa istituzione è stata contemporaneamente gestita dal controllore e dal controllato».

Una volta in carica, sostiene Griffini, è subito apparso chiaro l’obiettivo di Della Monica: «Creare un sistema parallelo all’albo degli enti autorizzati costituito da enti fedelissimi». In pratica, l’ex presidente intrecciava rapporti di favore con alcuni enti (tra cui l’onlus Airone), fissando incontri e mantenendo contatti quasi quotidiani, mentre per altri il contatto era impossibile: a questi, Della Monica non rispondeva alle telefonate, alle mail, alle lettere e alle richieste di incontro. «Noi di Ai.Bi., per esempio, non eravamo tra i suoi favoriti perché avevamo sollevato dubbi sul suo operato» racconta Griffini. «Così la Cai, con il suo presidente/vicepresidente, si è chiusa in una torre d’avorio inaccessibile a chi “non era gradito”». Il sostegno agli enti “graditi” era invece reciproco: come riporta il Fatto Quotidiano, in caso di critiche nei suoi confronti, Della Monica non si faceva scrupolo a chiamare direttamente gli enti e le coppie adottive con pratiche in corso per ottenere lettere in sostegno al suo operato, e si appellava spesso ai suoi appoggi in politica per contrastare le critiche.

Il Fatto riporta anche l’opinione dell’ex procuratore capo di Savona che interrogò Della Monica, Francantonio Granero, che coincide con quanto raccontato da Griffini: «Io mi ero fatto quest’idea: che tra gli enti ci fosse una forte concorrenza e che Della Monica avesse scelto un campo. Ritengo ancora possibile che si fosse posta davvero l’obiettivo di risanare il settore ma secondo una visione politica peculiare per la quale, come dicevano i latini, necesse est enim ut veniant scandala. È necessario che avvengano scandali».

E lo scandalo sollevato appositamente da Della Monica è stato, continua Griffini, la denuncia di presunte gravi irregolarità da parte dell’ente milanese Ai.Bi. «Ha attaccato noi perché costituivamo un ostacolo al suo progetto, perché avevamo presentato ai parlamentari numerose istanze contro la sua condotta che non ritenevamo adeguata. Una volta fatto fuori Ai.Bi., chi altri avrebbe avuto il coraggio di opporsi a uno strapotere del genere?». Della Monica ha così approfittato di un drammatico avvenimento in Congo (il rapimento di quattro bambini adottati da coppie di Ai.Bi., un fatto che era stato denunciato alla Cai dallo stesso ente e dalle autorità congolesi) per montare «una vera e propria campagna diffamatoria priva di prove», dice Griffini. Dalla verifica infatti non è emerso nulla di anomalo nella condotta di Ai.Bi. e nessun appiglio per un provvedimento. Allora Della Monica ha indotto tutte le coppie che si erano rivolte ad Ai.Bi. a revocare l’incarico («un abuso di potere e un’opera di calunnia per i quali abbiamo presentato ben quattro esposti presso la procura di Roma»). Dopo sei mesi dall’apertura della verifica, è emerso che nessuna irregolarità è stata compiuta dall’Ai.Bi. Il caso sembrava chiuso, fino a quando, a luglio 2016, è comparsa «l’inchiesta bufala» su una copertina dell’Espresso, intitolata «Ladri di bambini» e che riprendeva la vicenda del Congo. «Durante l’audizione di ottobre 2016, Silvia Della Mimica, pur avendo ricevuto le smentite ufficiali consegnate al governo italiano, mentiva senza ritegno alla Commissione Giustizia» dice Griffini.

Nonostante le pretese di Della Monica di ergersi a paladina della giustizia e della trasparenza, le polemiche contro di lei cominciavano a diventare quotidiane e anche i giornali ne parlavano regolarmente, così, nel luglio 2016, Matteo Renzi affidò la presidenza della Cai al ministro Maria Elena Boschi. Ma questo non segnò la fine delle anomalie: nel corso delle indagini di Savona, Boschi convocò Della Monica (che continuava a negarsi ai pm) e questa non si presentò. La situazione si è trascinata fino a qualche giorno fa: con il cambio del governo, Della Monica ha perso la sua copertura politica e alla scadenza del suo mandato è stata sostituita dal giudice minorile Laura Laera, sebbene diversi enti e coppie adottive abbiano chiesto al premier Gentiloni di confermare l’ex presidente per il suo ruolo centrale nella denuncia contro «i ladri di bambini». «L’aspetto inquietante è che il governo, pur sapendo benissimo tutto, non abbia rimosso Della Monica dall’incarico, ma abbia accettato che arrivasse a regolare scadenza» denuncia Griffini.

«Ora quello che noi vogliamo è un presidente Cai che garantisca legalità e trasparenza» dice Griffini. «Ma resta il problema di come ridare speranza alle coppie italiane, dopo questi ultimi tre anni di monopolio, incertezza e malagestione. Le adozioni sono crollate anche perché ci sono paesi che da tempo aspettano di aprire accordi bilaterali con noi, come Bolivia e Cambogia. Ma se manca un’autorità centrale che si metta al tavolo per stabilire le condizioni di apertura, non si può far nulla». Per quanto riguarda Ai.Bi., «la nostra reputazione è più forte della diffamazione di Della Monica: siamo ancora un punto di riferimento e tra i primi due enti in Italia».

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Foto Ansa

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