I No Tav promettono «l’assedio ai palazzi del potere a Roma». Ma in Valle sono sempre più isolati

Il movimento trenocrociato, in crisi di consenso per le inchieste della magistratura, si dà appuntamento nella capitale per la "sollvazione generale". E c'è un nuovo testimonial: l'ex leader della Fiom Giorgio Cremaschi

«La nostra lotta sta sicuramente nella determinazione di chi la porta avanti, ma vuole legarsi alle altre lotte perché è insieme che potremo vincere. La resistenza in Val di Susa non demorde. Saremo a Roma il 19 ottobre per l’assedio ai palazzi del potere e di quel partito trasversale degli appalti e degli affari. È ormai una data anche nostra». Intervenendo, sabato scorso, a una delle assemblee in preparazione della manifestazione che – stando all’hashtag che la vasta rete di sigle ha lanciato – si propone di innescare la “sollevazione generale”, i No Tav, sicuramente colpiti dallo stringersi della morsa della magistratura, si acconciano ad esperienza-simbolo per quanto rimane della galassia dell’estremismo rosso.

CREMASCHI TESTIMONIAL. Nella stessa assemblea, tenutasi all’Università “La Sapienza”, è intervenuto anche l’ex sindacalista Fiom, Giorgio Cremaschi. Salito varie volte in Val Susa, investe quel che rimane della passata notorietà mediatica nella rete Ross@. Riferendosi alla manifestazione, che preoccupa non poco le forze di polizia, ha sostenuto che «è un segnale di ripresa di iniziativa che non era scontato, soprattutto in una fase in cui vogliono cancellare tutto ciò che non è compatibile con il palazzo». Proseguendo con un «siamo tutti No Tav!». A detta di Cremaschi, «in Val di Susa è in corso un esperimento bipartisan nella cancellazione dei diritti civili e sociali. Alfano è andato lì per legittimare la repressione». In un momento in cui il consenso popolare intorno al movimento, in Valle, subisce un evidente ridimensionamento, questo accettare di farsi simbolo per un mondo che cerca lo scontro frontale testimonia un’evidente deriva dell’universo trenocrociato.

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