Negli horti di Pietro

Senza ombrello, sotto il temporale

“Petr enì”. “Pietro è qui”. Questo graffito di pochi centimetri, inciso nell’intonaco rosso, trovato nei sotterranei di San Pietro, proprio sotto l’altare della Confessione ha davvero un’importanza capitale per la storia del cattolicesimo. Ne aveva trattato dettagliatamente un libro capitale per la storia della fede e dell’archeologia, quello di Margherita Guarducci (“La tomba di Pietro”, Rusconi, 1988). Ora quel piccolo frammento è di nuovo spunto per un libro sinceramente straordinario, un libro indispensabile per chi voglia vivere e capire con apertura di cuore il prossimo Giubileo. Lo ha scritto un giovane e baldanzoso archeologo, Lorenzo Bianchi, un outsider che nei mesi passati è salito alla ribalta della cronaca per aver denunciato i danni provocati dagli scavi per il parcheggio sotto il Gianicolo e aver messo nei guai mezzo Vaticano (l’altra metà ha solidarizzato con lui) e il sindaco Rutelli.

Ora l’impenitente Bianchi ha dato alle stampe un libro (“Ad Limina Petri”) da un editore laico, di sinistra e inattaccabile (Donzelli) a un prezzo perfetto per una strenna natalizia (60mila lire). Il libro è la storia minuziosa e affascinante del luogo dove Pietro è stato martirizzato e poi sepolto. Siamo fuori Roma antica, in una zona dove gli imperatori si rifugiavano per scappare dal caos e dalla pressione della città. Qui c’erano gli “horti” di Agrippina (“horti” sta in pratica per giardini), la nipote di Augusto. Poi erano passati a Caligola e quindi a Nerone, al cui nome sono poi sempre rimasti legati. L’imperatore vi aveva fatto costruire un circo per le corse delle bighe e qui nell’anno 64, dopo aver incendiato Roma, si divertì a accendere la notte romana con le torce umane dei primi martiri cristiani. Era solo la prima ondata di persecuzioni verso i convertiti a questa “nuova superstizione” come gli storici contemporanei, Tacito e Sallustio in particolare, documentano. Per debolezza o anche per invidia alcuni cristiani fanno anche delazione e così nel 67, anno ultimo del suo regno, Nerone mette le mani sul capo della comunità, Pietro. Lo condanna a morte concedendogli solo di essere crocifisso a testa in giù perché Pietro non si riteneva degno di essere crocifisso allo stesso modo del suo Signore. Pietro pare morì il 13 ottobre e venne sepolto in quella necropoli appena a nord del Circo di Nerone, dove sono state trovate tombe di altri cristiani e di pagani. Bianchi insegue ogni indizio, immaginandosi la Roma imperiale e poi immergendosi in quel particolare infinitesimale che è il muro rosso tempestato di graffiti del primo secolo. Un dentro e fuori che restituisce tutto il realismo di quello che era accaduto: fatti veri, che attraverso un filo esile esile sono arrivati quasi miracolosamente tra di noi. Cosa sarebbe accaduto se per quel piccolo muretto fosse valsa la logica delle ruspe come accade oggi sotto il Gianicolo (“Il colle martire”, lo ha definito con un efficace titolo Repubblica, che ha dato un’intera pagina al libro di Bianchi)? Quindi “Ad Limina Petri” è davvero il più bel regalo perché accompagna con amore alle ragioni vere, quasi fisiche del Giubileo: pellegrinaggio sulle tombe degli apostoli.

Exit mobile version