Neet, cosa si sta facendo per loro?

Un incontro con l'assessore regionale lombardo Bolognini ha messo al centro la problematica dei ragazzi senza istruzione e impiego. Problemi e esperienze a confronto

Neet, se ne parla tanto, ma cosa si sta facendo per loro? Un convegno organizzato da Direzione Nord ha tentato di dare qualche risposta e fornire esempi virtuosi per possibili soluzioni. Un incontro intitolato “Neet, progetti per politiche giovani più inclusive” e che ha visto la partecipazione di Stefano Bolognini, Assessore allo Sviluppo Città metropolitana, Giovani e Comunicazione Regione Lombardia; Benedetta Angiari, Programme Officer presso Fondazione Cariplo; Nicola Corti, Segretario Generale Fondazione Allianz Umana Mente; Francesca Patellani, Vice Presidente Fondazione Accenture; Adriana Versino, Consigliere Delegato Fondazione Vodafone.

I numeri

I cosiddetti Neet (“Not in Education, Employment or Training”), cioè i ragazzi che non sono inseriti nel mondo del lavoro né in un percorso d’istruzione, sono un fenomeno sempre più rilevante della società italiana. In Italia si stima che una giovane su 4 (di età compresa tra i 15 e i 29 anni) si trovi in questa condizione. Se in Europa sono più di 6,7 milioni, in Italia sono ben 2,1 milioni. Rappresentano il 21,3% dei maschi in questa fascia di età e il 25,4% delle donne, tassi di circa 10 punti superiori alla media Ue. Anche se il fenomeno riguarda soprattutto il Sud (con il 32,6%), il Nord non ne è esente (16,8%). In Lombardia, ha raccontato l’assessore Bolognini, si stima ammontino a 230 mila. «E purtroppo col Covid il trend è diventato ancor più negativo», ha aggiunto.

Cosa fare per i giovani

Bolognini ha insistito sul fatto che «va ingaggiato il territorio, non bisogna calare le decisioni dall’alto. Col Pnrr si parla tanto di giovani, ma non c’è una missione dedicata a loro. Regione Lombardia vuole mettere in campo stimoli che, in modo diretto, vadano a intervenire su questo problema. E ciò non può essere fatto se non con l’aiuto delle fondazioni e di quelle realtà che operano sul territorio». Da questo punto di vista, «la nuova legge regionale vuole rafforzare le politiche giovanili e unire strumenti del pubblico con strumenti del privato e privato sociale».

Riattivarli e ri-fiduciarli

Le parole dell’assessore sono poi state illustrate dagli interventi che lo hanno seguito. Angiari ha raccontato del progetto Neetwork di Fondazione Cariplo che ha mostrato tutte le difficoltà a intercettare e ad agganciare i giovani. Pensato come uno strumento per fornire dei tirocini ai ragazzi, Neetwork ha messo in luce quanto lavoro ci sia ancora da fare. «Questi ragazzi – ha spiegato Angiari – tendono a mostrare poca fiducia nei confronti delle proposte che vengono loro avanzate e a far fatica a mantenere un tirocinio. Ciò di cui c’è bisogno è una continua proposta di opportunità di formazione e soprattutto di una costanza nel riattivarli e ri-fiduciarli».

Tu per me vali

Un punto di vista confermato da Corti che ha raccontato il progetto “Impariamo dall’eccellenza” in cui si è attivato un rapporto virtuoso con alcuni hotel e ristoranti di lusso. Un’esperienza grazie alla quale «i giovani che vi hanno partecipato si sono sentiti protagonisti. Perché, se presi seriamente, se in rapporto con un maestro, i giovani si muovono. Devono sentire qualcuno che dica loro: “Tu per me vali”».

Una catena di attori

Patellani ha illustrato il progetto “Palestre digitali” di Accenture che consiste in un percorso formativo per mille giovani di 200 ore nel quale si forniscono skill sui temi del digital marketing e rivolto a ragazzi laureati o laureandi. Un percorso grazie al quale il 70 per cento di chi vi aderisce trova poi un impiego in azienda, spesso una fra le 150 che nel progetto sono coinvolte. «Quel che conta – ha detto Patellani – è che si crei una catena sostenibile di attori che poi possono dare lavoro ai ragazzi. In queste 200 ore di formazione, 40 sono dedicate a un project work che l’azienda stessa suggerisce: è questo un modo per far fare cose concrete ai giovani».

Giocando si impara

Adriana Versino ha infine raccontata l’esperienza di LV8, un progetto digitale che, attraverso un gioco, cerca di coinvolgere i giovani e, al contempo, insegnare loro qualcosa. Partito a Torino e poi estesosi in tutta la Penisola, il progetto ha coinvolto 400 ragazzi. È un gioco a 8 livelli in cui si chiede di costruire un’impresa. Giocando si impara a scrivere un’email, a fare una ricerca su Google, a costruire un logo per l’azienda, a promuoverla, a progettare e costruire un sito internet.

Da ultimo hanno preso la parola due ragazze che hanno posto le loro domande all’assessore Bolognini il quale, chiudendo la giornata di lavori, ci ha tenuto a ribadire quanto sia importante dare ai giovani strumenti per diventare sempre più consapevoli delle opportunità che esistono per loro e, soprattutto, ambiti in cui «possano essere coinvolti, in modo tale che siano innanzitutto loro i protagonisti».

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