Muamba, per dieci secondi si è fermata la vita di uno stadio intero

Ogni cosa è parsa impotente di fronte a quel ragazzo di neanche 24 anni che stava lottando sul campo, pancia a terra, faccia impietrita. Per 10 secondi 30 mila spettatori si sono scontrati fino in fondo col dramma di quel calciatore.

Sabato pomeriggio, White Hart Lane. C’è stato un istante in cui sullo stadio è piombato il silenzio: saranno stati forse solo 10 secondi, una brevissima parentesi, ma per quell’attimo ogni voce si è fermata di fronte all’assurdo dramma di Fabrice Muamba. Solo pochi istanti: cresceva il coro di tanti tifosi che ripetevano il nome del povero giocatore collassato al suolo colpito da infarto, quasi ad esorcizzare quel momento di paura e di dolore. Ma anche quel coro si è interrotto in quel momento. Ogni cosa è parsa impotente di fronte a quel ragazzo di neanche 24 anni che stava lottando sul campo, pancia a terra, faccia impietrita. Per 10 secondi 30 mila spettatori si sono scontrati fino in fondo col dramma di quel calciatore.

Erano venuti allo stadio per divertirsi: c’erano i quarti di finale di FA Cup, e il Tottenham, la squadra di casa, sapeva di partire favorita sul Bolton, che sta affrontando un campionato sottotono. Ma nelle coppe inglesi anche le squadre piccole sanno sempre dare il massimo, quindi c’era da aspettarsi una partita combatutissima. Invece, poco prima che finisse il primo tempo, ecco Muamba cadere per terra. E l’inquietudine e l’ansia sono subentrate alla gioia e alla trepidazione per la partita di pallone.

I tanti campioni in campo da star sono diventate persone come tutti: c’è Defoe, che conosceva bene Muamba, che scoppia a piangere, e Bale che lo prende sotto il suo braccio provando a consolarlo; sembra dirgli: «Non mollare, sono con te». Van der Vaart di stucco, in piedi a pregare. La telecamera scorre sul pubblico, quelle facce paiono dire una sola cosa: cosa sta succedendo? E perché?

E così il dramma di quel ragazzo rompe ancora una volta quella barriera che separa il campo dalle tribune, i calciatori dai tifosi, i campioni dalla gente comune. Quei fuoriclasse che ci sembravano così perfetti nel loro modo di essere, lottatori così valorosi su ogni pallone, corridori così inarrestabili con le loro sgroppate, ecco che, loro come il pubblico, devono fermarsi, e tacere di fronte a ciò che sta succedendo. Solo 10 secondi. Ma carichi di lacrime in cerca di un senso. Le rivalità in campo e sugli spalti sono abbattute, tutti sono lì per lui, per Muamba, vorrebbero prendergli un po’ di quel male che lo sta colpendo e strapparglielo via. Ma il silenzio ha la meglio.

Il collasso di questo giocatore interroga tutti. Cos’ha da dire a noi la sua agonia sul campo? Cos’ha da dire a noi quel pubblico impietrito, inconsciamente spettacolarizzato dalle numerose telecamere presenti allo stadio? Anche la stampa inglese si è lasciata andare, non ha potuto resistere di fronte a questo dramma. C’è un titolo, del Sunday Express, che dice tutto: «Praying he will live». Ecco, possiamo solo pregare. Solo Qualcuno di più grande può rispondere a quei dieci secondi di silenzio di White Hart Lane. Siamo piccoli di fronte al dolore della morte, come quel ragazzo rantolante in mezzo al campo. Ma non siamo soli, c’è sempre qualcuno che può abbracciare il nostro dolore. Come Bale con Defoe.
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