Mostra del cinema di Venezia, quando l’importante è fischiare

Cristina Comencini si è detta amareggiata per i fischi ricevuti dalla stampa alla proiezione di Quando la notte, in concorso al Festival di Venezia. Ma la regista romana è in ottima compagnia: tantissimi, infatti, gli autori stroncati dalla critica presente al Lido. Tra loro anche Fellini, Pasolini e Rossellini

Cristina Comencini non l’ha presa bene. La proiezione per la stampa del suo Quando la notte, in concorso alla Mostra del cinema di Venezia è stata un fiasco totale. I giornalisti si sono lasciati andare a grasse risate e fischi da tapparsi le orecchie. In conferenza stampa la regista ha palesato tutto il suo malessere per l’accoglienza riservatale: «Evidentemente in certi festival non sono accettate le emozioni. E’ un film molto silenzioso, fatto di pochissime parole. Abbiamo mantenuto solo due-tre momenti emotivamente forti. Per il resto abbiamo cercato di oggettivare il romanzo attraverso le immagini». Sta di fatto che la figlia del grande Luigi non è di certo la prima, e non sarà nemmeno l’ultima a subire tale trattamento. Il festival di Venezia sin dagli esordi, nel 1932, ha accolto ire funeste, sorrisi sghignazzanti e commenti al vetriolo di giornalisti e pubblico. Nessuno si è mai potuto esimere dal giudizio, spesso impietoso, della “stampa sovrana” che della Mostra del cinema ha fatto il suo regno e, senza timore alcuno, negli anni ha inveito contro tutti, dagli autori più acclamati agli esordienti timorosi del tappeto rosso. In questa 68esima edizione i giornalisti si sono fatti sentire già prima della Comencini, regalando risatine e fischi corposi al film di Philippe Garrel (Un été brulant, dove recita anche Monica Bellucci in versione nudo integrale), difeso poi a spada tratta dal figlio Louis in conferenza stampa. Ma i due  registi potranno consolarsi pensando ai trattamenti riservati ai loro colleghi nelle passate edizioni.

 

Darren Aronofsky, per esempio, trionfatore nel 2009 con The Wrestler, nel 2010 presentò al Lido Il cigno nero, pellicola grazie alla quale Natalie Portman ha conquistato il suo primo Oscar. Prima di tale successo, però, il regista ha dovuto sopportare i fischi assordanti della platea veneziana, a cui il film proprio non era piaciuto. Ma il Leone d’oro per il maggior sberleffo va di diritto ai cineasti italiani. Roberto Faenza ricorda ancora con amarezza quando, nell’ormai lontano 2005, dovette sopportare una proiezione riservata alla stampa in cui i giornalisti risero di gusto dall’inizio alla fine guardando il suo I giorni dell’abbandono. Il dramma di una famiglia italiana raccontato del regista fu oggetto di scherno a tal punto che in sala si scatenò una gara di lancio delle palline di carta contro lo schermo. E non andò meglio al film Musikanten, di Franco Battiato, dedicato alla Beethoven. Per lui non solo risate e fischi, ma la delusione di sapere che metà della platea aveva abbandonato a metà la proiezione, mentre l’altra metà se la dormiva sonoramente.

 

Non è andata meglio nemmeno a Michele Placido, che nel 2004 presentò in concorso Ovunque sei: indignazione generale e insulti agli attori e al regista, così come accadde qualche anno dopo al collega Ferzan Ozpetek e al suo Il giorno perfetto (2008). Ma tutti i registi contemporanei potranno consolarsi pensando che accoglienze rumorose sono state riservate persino a maestri del cinema del calibro di Rossellini e Pasolini. Si racconta che Sandra Milo fu così turbata dai fischi riservati dalla stampa alla proiezione di Vanina Vanini del maestro Rossellini che Federico Fellini dovette giocare tutte le carte migliori per convincerla a girare 8emezzo. D’altronde il maestro riminese conosceva bene l’atmosfera del Lido: gli bastò partecipare una sola volta, nel 1955, con Il bidone (sicuramente uno dei suoi film meno riusciti) per decidere di non mettervi mai più piede. Facile immaginare perché.

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