Moschee e Pisapia. Ecco l’arte di manipolare le parole dei vescovi

Stando a Repubblica, il recente editoriale del direttore di Avvenire Tarquinio sarebbe un «segnale positivo del mondo cattolico raccolto da Pisapia». Eppure Avvenire non sostiene il candidato del Pd. E poi tutti giù a titolare "La Cei dice sì alla Moschea" dopo aver estrapolato una frase di Mariano Crociata, mentre se si legge tutto il discorso si scopre che...

A volte le parole dei vescovi non vengono lette nel loro giusto senso. Prendiamo il caso Milano e il ballottaggio tra Giuliano Pisapia e Letizia Moratti. Di recente, il direttore di Avvenire Marco Tarquinio ha risposto a quello del Giornale Alessandro Sallusti che, scrive Tarquinio, «ha pensato di tirare la volata al sindaco uscente di centrodestra Letizia Moratti menando fendenti ingiusti e scriteriati contro l’arcivescovo di Milano, cardinale Dionigi Tettamanzi». Il giorno dopo, sulla grande stampa nazionale, l’editoriale di Avvenire non viene letto come una doverosa stroncatura di un assurdo e controproducente attacco a un principe della Chiesa. No. Viene decifrato come un endorsement ecclesiale per Pisapia.

Per la Repubblica, ad esempio, l’editoriale di Tarquinio è un «segnale positivo del mondo cattolico raccolto ieri dal candidato sindaco del centrosinistra Giuliano Pisapia». In realtà, nello stesso fondo di Avvenire si legge l’opposto. E cioè che «lo scontato abbraccio di Emma Bonino e Giuliano Pisapia e il trionfale preannuncio del ruolo che i radicali intendono giocare (…) alimentano in me e in tanti elettori milanesi gravissime e più che fondate preoccupazioni». Vien da chiedersi se alla Repubblica sappiano leggere.

Anche perché, nello stesso giorno, Avvenire metteva in pagina un confronto tra il programma della Moratti e quello di Pisapia con un titolo cubitale: “Due sindaci, due Milano, due Mondi. La sussidiarietà di Moratti contro la centralità Comunale dello sfidante Pisapia”. Nel paginone di apertura degli Interni, il quotidiano dei vescovi corrobora l’articolo con due cosiddetti “esplosi”, cioè frasi messe in rilievo e a caratteri grandi. Strilla il primo: «Nel centrosinistra si sogna una società plurale e interculturale basata sull’eguaglianza che tuteli le coppie di fatto». E il secondo : «il centrodestra lavora per una città più vicina alla famiglia basata sul matrimonio, pur non negando aiuti ai genitori rimasti soli». Più chiaro di così.

Ma non è tutto. A proposito delle mezze frasi usate come armi dalla stampa pro Pisapia, per convincere i cattolici che non c’è nulla di male a votare una coalizione dalle posizioni radicali, non ci si fa scrupolo nemmeno di manipolare le parole dei vertici della Conferenza episcopale italiana. Qual è la notizia più importante delle ultime 48 ore, che avrebbe dato a Pisapia il benestare per la sua proposta di costruire la più grande moschea italiana in quel di Milano? Quella delle parole del segretario generale della Cei, monsignor Mariano Crociata. Parole che, opportunamente tagliate, rimbalzano sulle prime pagine dei giornali nella forma di un “La Cei dice sì alla Moschea”.

Fanno seguito augusti commenti che interpretano le parole di Crociata come un ennesimo segnale pro Pisapia. Ma cos’ha detto veramente la Cei? La dichiarazione è parecchio più sfumata e circospetta rispetto a come è stata cucinata e servita. Monsignor Crociata evoca certo «il diritto fondamentale della libertà religiosa, che include anche il poter disporre di luoghi di culto». Ma precisa pure che «le moschee sono anche luoghi di aggregazione sociale che devono rispondere alle esigenze di vita sociale e comunitaria nel rispetto della nostra costituzione e delle leggi che in Italia regolano la convivenza». E avete letto da qualche parte la dichiarazione del segretario della Cei circa i criteri di voto che la Chiesa indica ai suoi fedeli? No, da nessuna parte. Tranne che su Avvenire e in questo sito. Dove si ricorda che «dal punto di vista dell’elettore la scelta dei candidati deve tener conto del quadro delle caratteristiche e delle esigenze che permettono a chi assume responsabilità in ambito pubblico di essere capace di rappresentare, non gli interessi di una parte, ma la visione dell’uomo che esprime la fede cristiana».

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