Mores militarum

20 marzo 1861: cade Civitella (e inizia il brigantaggio)

Lo scenario è il solito: un reparto in perlustrazione, una fucilata, il tenente che cade con la tempia maciullata da un proiettile e la feroce rappresaglia sui villaggi circostanti. S.S. naziste? Yankees a My Lay? No, bersaglieri piemontesi in Abruzzo. Re Francesco II di Borbone resiste ancora a Gaeta e il brigantaggio non è ancora iniziato ma quella del generale Pinelli è una guerra senza pietà contro i terroni e contro i preti.

“Un branco di quella progenie di ladroni ancora s’annida fra i monti; (..) sono i prezzolati scherani del Vicario non di Cristo, ma di satana, pronti a vendere ad altri il loro pugnale, quando l’oro carpito dalla stupida credulità dei fedeli non basterà più a saziare le loro voglie. Noi li annienteremo, schiacceremo il Sacerdotal Vampiro che colle sozze labbra succhia da secoli il sangue della madre nostra; purificheremo col ferro e col fuoco le regioni infestate dall’immonda sua bava”. Le parole vanno di pari passo con gli atti, poiché bisogna fare in fretta e liquidare le ultime resistenze borboniche a Gaeta, dove si trovava il Re, a Messina e nella piccola ma robustissima fortezza di Civitella del Tronto. Nella fortezza i soldati avevano da subito arrestato il comandante, maggiore Ascione, che trattava la resa con gli invasori, e avevano cominciato a combattere una lotta senza speranza.

Durante l’inverno le sortite degli assediati e gli attacchi di bande composte da contadini ed ex-soldati borbonici provocarono perdite pesanti tra i piemontesi assedianti e una guerriglia generalizzata in tutta la regione. Una dopo l’altra, però, le bande furono tutte annientate. Il 20 gennaio bersaglieri e lancieri circondarono l’ultima banda a Scurcola.

Il villaggio fu rastrellato e i prigionieri, furono liberati uno alla volta e fatti oggetto di una gara di tiro tra i soldati. In poche ore centotrenta cadaveri giacquero sul terreno gelato mentre don Orsi, il cappellano della banda, veniva legato a un albero e baionettato per non aver gettato a terra il crocifisso.

La guarnigione e gli abitanti di Civitella, intanto, avevano respinto due grandi assalti il 10 e il 29 dicembre 1860 e poi un altro ancora il 25 febbraio 1861. Così quando fu proclamato il Regno d’Italia, il 17 marzo 1861, Civitella resisteva ancora. Un generale borbonico che recava l’ordine di resa non fu creduto e solo dopo altri due giorni di bombardamento il maggiore Ascione riuscì a far aprire le porte della fortezza, consegnandola agli Italiani insieme a una lista di “insubordinati” che vennero subito fucilati: tra essi gli eroi della resistenza, gli ufficiali Messinelli e Santomartino oltre al padre francescano Zilli. La fortezza fu fatta saltare in aria il 25 marzo: nel Sud, la guerra partigiana contro i Savoia era appena cominciata.

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