Monsignor Fisichella a Tempi: «Con “Gesù di Nazaret” il Papa ha fatto centro»

Monsignor Rino Fisichella ha raccontato a Tempi il suo entusiasmo per il secondo volume del Papa dedicato alla figura di Gesù, un libro «che mostra che il senso dell’esistenza non lo scopre la scienza né la tecnica. Si può trovare soltanto in un incontro»

«Il Papa ha fatto centro, l’ho detto personalmente anche a lui». Monsignor Rino Fisichella, teologo, vescovo e presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione della Nuova Evangelizzazione, è rimasto entusiasta della seconda parte del Gesù di Nazaret di Benedetto XVI. «Il primo volume per necessità era più tecnico», dice a Tempi, «quest’ultimo, invece, tocca la vita e in maniera particolare l’esistenza delle persone, perché rende gli avvenimenti di duemila anni fa contemporanei. Il Santo Padre coinvolge perché fa capire che quello che noi facciamo non è nient’altro che un riattualizzarsi della dinamica della fede nel suo inizio: Gesù stesso. Altro punto interessante riguarda il rapporto tra la certezza scientifica e la certezza della fede. La fede ha bisogno della ragione, c’è sempre una fides quaerens intellectum (la fede che richiede l’intelletto, ndr). Le certezze di cui abbiamo bisogno non sono solo quelle razionali.

C’è una bella espressione che il Papa usa all’inizio del libro, bella a mio avviso anche in relazione al Concilio Vaticano II di cui l’anno prossimo ricorreranno i cinquant’anni dall’apertura, quando dice che: “Bisogna dare finalmente compimento alla Dei Verbum”, soprattutto al numero 12 dove si parla del sensus plenior. Noi ci siamo ritrovati per decenni a fare solo esegesi, ma l’esegesi non può essere ridotta a un’analisi storico critica. Come insegnava il Concilio, arrivare al senso pieno della sacra scrittura è un processo. Von Balthasar parlava della comprensione della sacra scrittura: diceva infatti che la scrittura non può essere distinta o divisa da quella che è la vita della Chiesa, realtà che tiene viva quella parola».

 

 

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