Il legame dei fratelli Williams, spezzato soltanto dal Mondiale

Iñaki giocherà nel Ghana, il paese da cui i suoi genitori fuggirono attraversando il deserto a piedi, Nico è convocato dalla Spagna, dove è nato e cresciuto

I fratelli Inaki e Nico Williams con la maglia dell’Athletic Bilbao (foto Ansa)

Il concetto di casa non coincide necessariamente con il luogo dove si viene al mondo. È un’idea non particolarmente originale ma che riassume alla perfezione la storia dei fratelli Iñaki e Nico Williams, due attaccanti che giocano insieme nell’Athletic Bilbao e che ora affronteranno il Mondiale da avversari. Perché se il primo ha scelto di scendere in campo  per il Ghana, impegnato giovedì contro il Portogallo, il secondo indosserà con orgoglio la maglia rossa della Spagna, oggi all’esordio mondiale contro il Costa Rica.

Il viaggio di Felix e Maria Williams

Un paradosso che affonda le sue radici in un vissuto che sembra uscito da un vangelo moderno. Nel 1993 Felix e Maria, i loro genitori, lasciano il Ghana alla ricerca di una vita tutta nuova, di un’esistenza da trascorrere galleggiando sopra la soglia di povertà. Il piano non è dei più elaborati: la coppia paga dei trafficanti di esseri umani e sale su un furgone insieme a una quarantina di persone. Tutto fila liscio fino a metà viaggio. Poi l’autista apre il portellone e riversa quel carico di disperazione nel mezzo del deserto. «Il viaggio è finito – dice – ora continuate da soli». I due attraversano il Sahara per giorni. Senza acqua, senza cibo e Felix anche senza scarpe. Qualche compagno di viaggio che non ce la fa più viene lasciato indietro, altri vengono sepolti nella sabbia. Va avanti così fino a quando non arrivano a Melilla, exclave spagnola in Marocco.

Maria e Felix scavalcano una recinzione e vengono fermati dalla Guardia Civil. Ed è qui che arriva la svolta. La donna ha appena scoperto di essere incinta e si confida con un avvocato della Caritas. L’uomo spiega che se vogliono arrivare in Spagna devono dire di essere cittadini di un Paese in guerra. I due stracciano i loro documenti e sostengono di venire dalla Liberia. E di aver diritto all’asilo politico. Nessuno ha troppa voglia di controllare, così quella balla funziona. Maria e Felix si trasferiscono a Bilbao. Qui incontrano padre Iñaki Mardones, che li aiuta a connettersi con il tessuto della comunità. La Chiesa provvede ai loro bisogni primari. Vestiti, cibo, sollievo spirituale. E così quando nasce il loro primo figlio decidono di chiamarlo Iñaki, in segno di riconoscenza.

La promessa di Iñaki

L’idillio non dura molto. La famiglia Williams si sposta quasi subito a Pamplona. Felix lavora nei campi di asparagi, fa il pastore, l’uomo delle pulizie. A quattro anni Iñaki gioca già per strada insieme agli amici del quartiere, poi diventa addirittura arbitro, con un tariffario di 10 euro a partita. Non è molto ma va bene lo stesso. Soprattutto perché otto anni più tardi nasce suo fratello, Nico. I soldi non bastano più. Felix va a lavorare a Londra. Sparecchia i tavoli di un ristorante in un centro commerciale. Poi manda tutto quello che riesce a risparmiare a casa.

Un giorno Iñaki fa una promessa alla madre: diventerà un calciatore professionista. Sembra un vagheggiamento infantile, invece è la verità. Il ragazzo cresce nel Pamplona seguendo il mito di Robin van Persie. Poi viene preso nel settore giovanile dell’Athletic. I primi giudizi sono così lusinghieri da sembrare esagerati. Perché i tecnici del Bilbao lo definiscono «una via di mezzo fra Eto’o e Kluivert». L’esordio in prima squadra arriva il 6 dicembre 2014. Valverde si trova senza attaccanti, così prima lo manda in campo contro il Córdoba e poi lo aggrega in pianta stabile alla prima squadra. È la decisione che cambia la vita di tutta una famiglia. Appena firma il contratto Iñaki chiama Felix e gli dice di tornare a casa. «Per me era importante riunire la famiglia dopo 10 anni – dirà – dare a mio fratello la figura paterna di cui aveva bisogno».

Ghana e Spagna nel destino

Mentre Nico cresce Iñaki vola. È una punta centrale rapida che più giocare anche sull’esterno. Balla fra le linee, sfrutta lo spazio che si trova davanti, serve assist. E segna anche qualche rete. Nel 2016 gioca la sua prima e unica partita con la Spagna, contro la Bosnia. E visto che si tratta di un’amichevole, il Ghana comincia a insistere. Vogliono che sposi la loro causa, che giochi per il Paese dei suoi genitori. All’inizio Iñaki rifiuta. Dice di sentire un forte legame con l’Africa, ma che la sua vita è in Spagna. Solo che gli anni passano e nessun ct lo convoca di nuovo con le Furie Rosse. A volte il suo rendimento altalenante gli taglia le gambe, altre il motivo della sua esclusione diventa nebuloso. Fatto sta che nel 2022 il ragazzo prende la sua decisione: giocherà il Mondiale con la nazionale africana.

«Tutto è cambiato quando sono andato a trovare mio nonno di 90 anni – ha spiegato – mi ha detto che sarebbe stato un sogno per lui vedermi giocare con la maglia del Ghana. Così mi sono deciso e ho fatto felice la mia famiglia». Ma proprio quando Iñaki annuncia la sua scelta, Luis Enrique comincia a convocare in Nazionale suo fratello Nico. Sembra un paradosso, ma è solo la conseguenza delle prestazioni del ragazzo. In 14 partite, infatti, l’ala ha messo a segno 3 gol e servito 4 assist. Iñaki, che per Nico è stato fratello, padre e amico, vigila sulla sua crescita. «Mio fratello minore è un talento, un diamante che va sgrezzato», ha detto, «se fossi stato Luis Enrique lo avrei convocato anche io. Voglio aiutarlo e consigliarlo in ogni modo possibile, ma lui deve anche poter sbagliare per apprendere dai suoi errori». Un legame così forte che solo un Mondiale ha potuto spezzare. Ma giusto per qualche settimana.

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