Miseria dell’uomo e apologia del Sig. Ferrara

editoriale

“La Nato non doveva cominciare questa guerra. Ha scelto di farlo. Ora deve vincerla. Cominciare la guerra può essere sato un errore. Perderla sarebbe un disastro”. Così Martin Wolf sull’autorevole Financial Times che si prende il lusso di citare un Bismarck singolarmente pacifista ( “i balcani non valgono le ossa di un solo granatiere di Pomerania”) per tirare una conclusione freddamente deterministica (e protestante?). C’è qualcosa di peggio per un popolo di una guerra? Forse no, ma se ci guardiamo allo specchio e confrontiamo l’immane tragedia dei kosovari vittime della pulizia etnica dei serbi e dei serbi vittime dei nostri bombardamenti, scopriamo come sia tragico il volto di questa Italia che rischia di essere travolta dagli avvenimenti che pure la vedono in prima linea nella doppia veste di portaerei e di Croce rossa internazionale. Noi abbiamo sostenuto e sosteniamo una linea del tutto opposta a quella sposata dalla gran parte dei mezzi di comunicazione, ma siamo anche convinti che nessuno, neppure gli Stati Uniti che sono alla testa dell’Alleanza, sia andato in guerra e sostenga le ragioni della guerra a cuor leggero. Noi che siamo contro la guerra per il puro e semplice motivo che – come disse un altro Papa e come da altri viene ricordato in queste pagine – “con la pace tutto è possibile, con la guerra tutto è perduto”, francamente non abbiamo nessuna simpatia per il pacifismo vetero e catto comunista che lancia i sassi contro la polizia ad Aviano o che si illude di risolvere le questioni internazionali con i Beati costruttori di Pace. Anzi, davanti al pacifismo pregiudizialmente e violentemente antiamericano non abbiamo dubbi nel dire che preferiamo l’opinione belligerante del più atlantista degli opinionisti italiani. Perché allora, proprio sulla vicenda Kosovo, ci dissociamo dalle posizioni dei nostri carissimi amici del Foglio? Noi non condividiamo l’implacabile razionalismo schmidtiano di Giuliano Ferrara, perché pur rappresentando una posizione seria sul piano politico, crediamo che, nella circostanza di questa guerra, non sia stato fatto tutto ciò che era non solo politicamente, ma anche umanamente possibile fare per scongiurarla. Anzi. Noi siamo contro l’intervento della Nato, proprio perché crediamo che abbia ragione Giuliano Ferrara quando spiega senza infingimenti moralistici che, da parte occidentale, si è enfatizzato il carattere umanitario dell’alleanza predisposta in armi contro Belgrado, per poter così giustificare una liquidazione definitiva di Milosevic e dell’ultimo apparato militar-comunista presente nel cuore dell’Europa. Dunque, quando Il Foglio sferza con crudele accanimento le ipocrisie dell’umanitarismo nostrano e si schiera senza mezzi termini con l’Alleanza atlantica, ci offre almeno una lezione di lealtà e di sincerità politica (volendo infatti fare fino in fondo i conti con le analisi di ispirazione “umanitaria”, non si dovrebbe allora ammettere, solo per fare un esempio, che la Nato sapeva bene in che guaio andava a mettere le popolazioni del Kosovo quando, visto i precedenti in Bosnia, scartando il moderato Rugova e sposando di fatto le tesi oltranziste dell’Uck, ha preteso imporre per trattato – e sotto l’ombrello militare Nato – la secessione pratica di Pristina da Belgrado?). Dobbiamo comunque ammettere che questa tragedia che è la guerra sta facendo emergere il generale e grave disorientamento che sentiamo come persone e come popolo. La guerra lava via tutto, dice un proverbio russo. E così anche da noi la guerra si sta portando via presunte rivoluzioni in nome della giustizia, presunti mondi migliori possibili e perfino presunti eroi. Purtroppo però la guerra non fa soltanto apparire nella loro pusillanimità e vuotezza i miti di un potere che in Italia si è costruito in questi anni anche grazie alla violenza giudiziaria e alla mistificazione massmediatica. La guerra non mette soltanto in luce livida il ventre molle e presuntuoso di un neoconsociativismo politico che si illude di tenere insieme il paese con le Tv di Berlusconi e la scuola di Berlinguer. La guerra ci porta via tutto. E ci fa capire meglio quanto l’uomo sia poco più o poco meno di un grido. Un grido come quello che cominciò a risuonare in Occidente al sorgere della filosofia, quando sotto il plumbeo e disumano cielo della necessità e del fato, il primo pensiero greco invocò “mandaci, o Zeus, il miracolo di un cambiamento”. TEMPI

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