Marisa, Aronne e il buon fare campagna

Non veniteci a dire che adottare piante e animali è cosa già vista perché quello di FattorMia non è una bella trovata ambientalista, ma un caso serio di amicizia. Tra uomini, scuole, imprese e natura

Marilyn, una delle pecore toscane che si possono adottare con FattorMia

Avete una capra camosciata delle Alpi, un pollaio nella Bassa, uno scampolo di collina siciliana? No, dico, quanti tra noi animali di città intenti a coltivare coriandolo sul balcony garden, far la doccia insieme al pothos, indicare ai bambini “guarda che bella, la parrozia del Bosco Verticale”, hanno una capra come Marisa, un ulivo giovane come Aronne o Giacobbe o i fratelli maggiori secolari Efrem e Natan, galline ovaiole bianche come Peonia o Margherita, un maestoso filare come Scirocco sulle Alte Madonie, la renetta Castore o il melo Polluce?

Animali e alberi in carne, ossa e radici, pochi fronzoli, zero fuffa green, tanto aiuto alle nostre campagne. Adesso non veniteci a dire che adottare piante e animali è cosa già vista perché quello di Marisa, Aronne e compagnia non è una bella trovata ambientalista, è un caso serio di amicizia. Tra uomini dagli 0 ai cent’anni, imprenditori, famiglie, scuole, bambini e natura. Tutti a fare fattoria.

Adottare un produttore agricolo

Succede dunque che nell’anno della pandemia, dei cinghiali a zonzo per le strade e a rovinare campi, il turismo azzoppato, l’horeca in affanno, un gruppo di amici s’inventa un modo per fare una cosa semplice: aprirci porte di stalle, fattorie, aziende, botteghe, mostrarci gli abitanti, invitarci a entrare, conoscerli e ad adottarne uno. Poi se entri e adotti mica è finita, impari un mestiere, sapienza antica, cioè pratica, passione, e ad imparare così c’è un enorme tornaconto, qualcosa che ha a che fare col prendersi cura di se stessi. Oltre a quello ovvio di mangiare la campagna, divinamente.

Come funziona? Con un click. FattorMia è un portale di quelli facili, sinceri, puliti, zero acrobazie lessicali, che propone a noialtri mangiasmog di città di adottare un produttore agricolo nella zona d’Italia che vogliamo. Come? Adottando per un anno la sua Marisa, il suo Aronne, la Margherita, lo Scirocco, e con essi un angolo di campagna, collina: non c’è ulivo, vigna, albero da frutto, frutto di bosco, pianta di caffè, grano, mucca, pecora, capra, ape, gallina che non sia chiamato per nome. Tu lo adotti (o ne regali l’adozione) e lo vedi crescere o maturare e inverdire secondo i ritmi della natura, ne segui il fiorire e lo sviluppo da remoto certo, ma anche in presenza, partecipando in prima persona ai lavori nei campi e nelle stalle. Fino al ritiro del “cestino”: i formaggi di Marisa, l’olio extravergine biologico marchigiano di Aronne, e via mangiando, ciascuno si porta a casa il suo raccolto o bottino in base al sostegno erogato, bottiglie di vino, uova, confetture, salse, pesto, tutto, come si dice, dal produttore al consumatore.

A scuola in fattoria

Ora, il talento di FattorMia non consiste in prevedibili ingredienti base, ma nello scatenare una compagnia domestica, festiva ma soprattutto didattica e di solidarietà aziendale intorno a uno scampolo di verde Italia. Una nuova alleanza, la chiamano, patto di reciproco sostegno. Pensiamo alle scuole che realizzano e si prendono cura del loro angolo di fattoria, partecipando attivamente alle fasi produttive e di trasformazione delle materie prime, sviluppando negli studenti un autentico spirito di iniziativa e di imprenditorialità: «Il contatto diretto con le aziende agricole consentirà ad un giovane di formarsi una mentalità a un tempo tecnica, sociale e culturale; occorre sempre più superare quella separazione tra materie teoriche e pratiche così fuorviante e dannosa all’apprendimento, offrendo invece l’opportunità di operare nel mondo dell’impresa, che oggi si presenta come un ambiente complesso e notevole», ha ben raccontato Tiziana Villa, preside del Liceo Alberghiero Don Gnocchi di Carate Brianza partecipando oggi alla presentazione della start up a Milano.

Con lei Paolo Massobrio, mister Golosario: «Quello che sembra un gioco, in realtà è un efficacissimo modo per creare quell’alleanza fra città e campagna che significa condividere anche le problematiche che vive un agricoltore contemporaneo», ha ricordato accanto a un commosso Moreno Baggini, titolare degli Orti Sociali-Voghera Solidale Group, a Milano per esprimere la gratitudine delle tante aziende e cooperative verso «tutte le persone che vorranno conoscere e sostenere il nostro lavoro, e in questo modo, i progetti di vita delle persone che sono la vera ragione di esistere delle nostre aziende».

Mica fuffa green

Aziende che come ha raccontato Maria Sanvito, direttore generale FattorMia, stanno custodendo bellezza, biodiversità, cultura e tradizione di un mondo rurale di cui avvertiamo al fondo una strana nostalgia, riconoscendo che il prendersi cura della natura è in qualche modo prendersi cura di se stessi. «Nel progetto è implicata non solo la difesa del pianeta, per cui basterebbe una qualsiasi buona azione green in chissà quale parte del mondo, ma la tutela di valori e tradizioni che ci costituiscono. Un impegno concreto, in cui ci si implica in prima persona, che si coniuga, però, con le tempistiche e i ritmi di una vita urbana moderna. Con FattorMia mi prendo cura delle mie piante e animali… insomma mi rendo partecipe di quella storia e di quella passione che concorrono alla realizzazione di prodotti genuini e di alta qualità che saranno i miei prodotti». Ecco, c’è tutto in questa frase, c’è il senso di anticipare della liquidità alle realtà che si occuperanno della “nostra” Marisa e del “nostro” Aronne e quindi dei “nostri” prodotti. Nostri, cioè di noi cittadini, bambini, ragazzi (per le scuole sono previste proposte ad hoc e personalizzabili) ma anche delle nostre aziende: alle imprese è chiesto un impegno sostenibile «così concreto che offre la possibilità di produrre prodotti a proprio marchio da utilizzare nella mensa aziendale o condividere con clienti e dipendenti, e l’occasione di vivere eventi presso le aziende agricole che sostengono».

Insomma, qui non si tratta di fare “solo” bene alla natura ma anche agli uomini, di fare popolo per la campagna, e prendersi cura di ciò che di noi sotto il pothos chiama a domestica, preziosa, e rurale saggezza. Coi piedi per terra (e con tutto il rispetto del balcony garden).

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