Maestri di scena

Allestimenti che incantano dal 1948, la legge dell'umiltà e il coraggio dei pionieri. Così i Riva hanno sedotto gli emiri

L’aereo ha appena finito di rollare quando si aprono i portelloni e il Qatar dà il benvenuto a Simone Riva: la vampa irrompe nell’abitacolo mandando in schegge l’aria condizionata e la voglia di passeggiare sulla riva del luccicante Golfo Persico. Un irridente termometro all’uscita del Doha International Airport supera i 50 gradi, le cime dei grattacieli lambiscono il sole più alto del Medioriente. Caricandosi la valigia in spalla, il pensiero di Simone torna a quei pionieri di papà e nonno, che tra gli anni Cinquanta e Settanta attraversarono l’Europa armati anch’essi di valigia e voglia di farsi conoscere. «Certo che in Ucraina era tutta un’altra temperatura», bofonchia tra sé e sé.
Eccolo, dunque, Simone Riva: anno 2006, 31 anni, e un biglietto da visita che – lo ha assicurato quel rinomato studio di Roma agli emiri arabi – è molto più di una garanzia. Perché in margine ai progetti in spalla a Simone c’è una firma, Eurostands, che dagli States al Giappone è sinonimo di allestimenti fieristici, expo universali, congressi, mostre, collettive, musei, negozi, scenografie. Sinonimo di ideazione, ingegnerizzazione e realizzazione. E se vi sembra poco dovreste sentire cosa è successo cinquant’anni prima, perché il giovane Riva sbarcasse a Doha col progetto di una enorme conchiglia.
Succede che siamo nel 1948 quando il signor Aldo Rovina, valente decoratore, sale da Luzzara, in quel dell’Emilia, con una buona dose di ottimismo che neanche le cicatrici aperte dalla guerra riescono a intaccare. Sale, perché a Milano ha un appuntamento importante con i valenti suoi compaesani Dino Villani, ispiratore di Miss Italia, e il grande regista Zavattini. è il 1948, dunque, e succede anche che l’Aldo apre, in società con il fratello, a Milano una ditta di articoli reclamistici e traforati di legno decorati da quest’ultimo con le tecniche pittoriche di allora.
Ma perché l’impresa Rovina cominci a far capolino al di là della pianura padana dobbiamo aspettare il 1966, quando una delle figlie di Aldo sposa Flavio Riva. Un ragazzo a cui non manca l’incoscienza né il coraggio della gioventù, abbinato ad una vena artistico musicale, che ad Aldo piace al punto da volerlo con sé in azienda subito. «Purtroppo una brutta malattia porterà mio nonno a una scomparsa prematura nel 1976. Ci aveva visto giusto però», racconta a Tempi trent’anni dopo Simone Riva. Suo padre Flavio all’epoca non ha esperienza in campo grafico, ma ha molti pallini, primo fra tutti quello dell’estero, di sviluppare l’intuizione del suocero per poterla portare oltralpe. La creatività ereditata da Aldo diventa così il terreno fertile per creare un’azienda «global services. Concretamente, approcciare il cliente assicurandogli tutti i servizi e passaggi che garantiscono il buon esito di una manifestazione: dalla progettazione creativa alla progettazione esecutiva di un allestimento, fino ad arrivare al cuore delle attività di Eurostands oggi, la produzione: falegnameria, carpenteria metallica, verniciatura, decorazione, tutto all’interno della stessa azienda. Ah, perché coerentemente alla sua vocazione “esterofila” papà aveva coniato un nuovo nome, Eurostands, per la ex bottega del nonno». Ex, perché la realtà del ’48 inizia a diventare grossa e in quel di Vimodrone (dove si era spostata negli anni 70) non ci si sta più.
È il 1981 quando Flavio si butta, raggranella il possibile e acquista un terreno a Cambiago (Mi) dove in pochi mesi si eleva il primo capannone Eurostands. Ma in fretta, troppo in fretta, l’entusiasmo cede il passo a qualcosa di ben diverso. All’inizio sono alcune fiamme che divampano nel deposito. Poi, nel giro di una sola notte, un incendio riduce in cenere tutto ciò che Flavio ha creato e su cui ha investito il futuro suo, dei suoi dipendenti, della sua e della loro famiglia. La famiglia Riva è messa in ginocchio, le assicurazioni non coprono il danno. «Chi avrebbe immaginato che da quell’evento drammatico scaturisse la svolta, quella che sarebbe diventata l’ossatura imprenditoriale della nostra azienda?», si chiede oggi Simone. L’ossatura è presto detta: la trentina di dipendenti di Riva gli assicura massima disponibilità a rimettersi in gioco, i clienti iniziano ad anticipare qualche lavoro sulla fiducia. Fiducia, perché hanno visto che Flavio è uno che del tirarsi su le maniche ha fatto una religione. Hanno osservato la sua dedizione ogni giorno della settimana, quando si fermava dall’alba al tramonto per vigilare su ogni passaggio delle lavorazioni e assicurare la riuscita di ogni commessa; lo hanno visto il sabato e la domenica accompagnare il figlioletto Simone tra le macchine, raccontargli la storia di ciascuno di loro e, quando costui ha concluso i suoi studi, affidargli qualche lavoretto, caricare i camion e assemblare i bancali, che lo ha portato ad assumere esperienze notevoli nel tempo.
«Coraggio e umiltà», ripete Simone ormai grande, mentre affronta le estenuanti ore di contrattazione con gli arabi di Doha. Coraggio e umiltà, perché tra i tanti, lo studio di architetti di Roma ha indicato agli emiri proprio Eurostands per realizzare, sulla nuova isola artificiale a forma di cavalluccio marino che questi si sono inventati in Qatar, la Perla di Doha, un enorme edificio a forma di conchiglia. E lui la gavetta l’ha fatta tutta prima di arrivare, nel ’97, a seguire le risorse umane di Eurostands per poi passare al commerciale, raggiungere gli States e poi via, a portare il marchio di famiglia in Oriente, dalla Cina (dove ha seguito l’apertura di un ufficio di rappresentanza ad Hong Kong) a Tokyo, dove anche gli ingessatissimi nipponici si sono inchinati innanzi al museo della Ferrari e Maserati originato dalla creatività di questi italiani che in poco tempo si erano fatti conoscere in tutto il mondo, firmando expo universali come quello di Lisbona (1998), di Hannover (2000) e Aichi (2005). Una realtà che nel 2007 ha registrato un fatturato di 40 milioni di euro e che dà lavoro, tra dipendenti diretti e risorse in outsourcing, a circa 300 persone. E che ha fatto dell’innovazione sui materiali un cavallo di battaglia. Se lo ripete, Simone, mentre spiega agli arabi che per il rivestimento della “conchiglia”, nella quale troverà spazio una sorta di avveniristico ufficio vendite dell’isola-cavalluccio, Eurostands non solo può fornire tutte le garanzie richieste (resistenza a temperature che toccano i 60 gradi come a quelle glaciali, realizzazione in Italia, trasporto e montaggio a Doha in soli tre mesi), ma ha anche appositamente sperimentato la tenuta di un materiale economicamente vantaggioso come il Pvc.

Imprenditori on the road
E pensa, Simone, uscendo sfinito dalla contrattazione e le mani esauste dalle strette dei componenti di quell’immenso tavolo ovale per siglare felicemente la partnership, che davvero il metodo leale di papà Riva funziona. Lealtà verso i clienti, con i quali usare pugno fermo e non transigere sulla qualità dell’offerta. Lealtà verso se stessi, quando capisci che non puoi sederti se hai nel sangue intraprendenza e voglia di rischiare. E magari anche qualcuno vicino che non si rassegni a vederti seduto. La figlia di Aldo non lo ha fatto, quando nel 2003 Fiera Milano ha acquisito il 51 per cento di Eurostands quotandolo in Borsa. Una ventata di novità, prestigio, l’occasione di consacrarsi per sempre nell’olimpo del settore mondiale. Ma Flavio Riva, titolare di Eurostands e di una maniera meno convenzionale di fare impresa, non era fatto per l’olimpo di Piazza Affari, gestire cespiti, pianificazioni, numeri in poltrona. Sua moglie, Simone, sua sorella ed il cognato Andrea, parte dell’organico di Eurostands da tanti anni, lo avevano capito e nel 2006, con l’accordo (e la comprensione) di Fiera Milano, di cui sono rimasti partner prediletti, la famiglia Riva si è riacquistata il pezzo “quotato”. Tornando alla più spericolata ma entusiasmante vita degli imprenditori on the road, fatta di spedizioni estere, fiere ogni settimana, scenografie (memorabile il tram di Zelig a grandezza naturale), saloni del mobile, dita incrociate ad attendere di giocare in casa con l’Expo 2015. E anche, osserva oggi il trentatreenne Simone (che il commerciale non esime dal caschetto giallo e dal lavoro in cantiere) di qualche impronta digitale polverizzata a maneggiare materiali bollenti sotto il sole cocente del Qatar.

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