Luiz Adriano ha fatto il furbetto e ora lo hanno squalificato. Ma è giusto imporre il fair play?

L'attaccante dello Shakhtar è stato punito con un turno di stop dopo il gol fatto contro il Nordsjaelland a gioco fermo. Ecco come un libero comportamento lodevole rischia di diventare una fastidiosa dottrina da seguire.

Se tanto ha fatto discutere il comportamento di Luiz Adriano la scorsa settimana, quando durante la partita tra Shakhtar Donetsk e Nordsjaelland andava in gol con tutta la squadra avversaria ferma sfruttando una palla restituita da un compagno ai danesi, altrettanto lascia perplessi la decisione presa ieri dalla Uefa. Si legge, infatti, sul sito internet del massimo organo europeo del calcio che il comportamento anti-sportivo di Luiz Adriano gli è valso un turno di squalifica e «una giornata di servizi sociali per la comunità calcistica».

REGOLAMENTO DISCIPLINARE. La decisione è stata presa perché, recita sempre nel comunicato, il ragazzo non ha rispettato l’articolo 5 del regolamento disciplinare della Uefa, violando così i principi di condotta sportiva. Le sopracciglia qui si alzano, insieme a diverse domande: come mai viene punito chi non si comporta in maniera sportiva? Regolamento alla mano, Luiz Adriano è stato punito presumibilmente per il punto “k” dell’articolo in questione, quello che parla di sanzioni per «chi si comporta in maniera anti-sportiva per trarre qualche vantaggio». È evidente però che una simile frase vuol dire tutto e niente, senza stabilire ciò che effettivamente è un comportamento anti-sportivo.

CASISTICA TROPPO VARIA. Calciare fuori il pallone con l’avversario a terra è comportamento sportivo o no? E se questi sta palesemente simulando per perdere tempo? E se dopo la squadra “penalizzata” da questo fatto non restituisce la palla? Troppe le zone “grigie” (per altro spesso frequenti) dove non è possibile legiferare con un regolamento unico e interpretabile in una sola direzione. Chi gioca a calcio sa che simili situazioni si risolvono con decisioni affrontate al momento: vedi un uomo a terra? Butti fuori il pallone. E poi, va affrontata una questione essenziale su cosa sia il fair play: insieme di norme che “costringono” a comportarsi in maniera rispettosa, o attenzione e rispetto gratuiti verso l’avversario, pregevoli proprio per la loro natura volontaria? Gli applausi che si concedono a chi restituisce il pallone dopo uno stop di gioco sono mossi dalla stima per chi si priva, a vantaggio di un avversario, della potenziale possibilità di costruire un’azione di gioco, o dal fatto che questi ha obbedito ad una regola, pena squalifiche e giornate di servizi sociali per la comunità calcistica (che poi sarebbe interessante capire cosa significhi)?

UNA BATTAGLIA DOTTRINALE. Il punto è che chi comanda nel calcio sta facendo del fair play una battaglia dottrinale e ideologica, svuotando così questo pregevole comportamento di tutta la sacrosanta libertà che lo rende ammirevole. È la Uefa l’emblema di un mondo in cerca di rigore e modelli, da istituzionalizzare così da averne sempre da offrire. È l’espressione sportiva di una società che, scriverebbe il grande poeta T.S. Eliot, vuole fabbricare «partite talmente perfette che più nessuno avrebbe bisogno di essere buono».

@LeleMichela

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