L’Italia «è entrata in recessione». Il debito cresce di 55 miliardi

L'Istat ha registrato per il quarto trimestre del 2011 un calo del Prodotto interno lordo dello 0,7% rispetto ai tre mesi precedenti. È il secondo consecutivo e sancisce in termini tecnici la recessione. L'Italia è l'unico in recessione tecnica tra i principali paesi del continente. Il debito è invariato rispetto al Pil, sale di 55,1 miliardi in termini assoluti.

Anche la conferma dei numeri è arrivata: l’Italia è in recessione. “L’Istat ha registrato per il quarto trimestre del 2011 un calo del Prodotto interno lordo dello 0,7% rispetto ai tre mesi precedenti. È il secondo consecutivo e sancisce in termini tecnici la recessione. Non se ne uscirà troppo in fretta, e non solo perché è già stato calcolato un effetto di trascinamento negativo per lo 0,6% sul 2012. L’economia, secondo le stime prevalenti, continuerà a contrarsi anche nella prima metà di quest’anno e le previsioni, sostengono per esempio gli economisti della Banca d’Italia, indicano una caduta del Pil dell’1,5% per l’intero 2012. «Succede raramente di avere un periodo così prolungato di grande difficoltà economica», ha osservato il ministro per lo Sviluppo economico Corrado Passera” (Corriere, p. 2).

“A causa della caduta del Pil della seconda metà dell’anno, l’Italia ha chiuso il 2011 con una crescita dello 0,4%, che si confronta con l’1,4% del 2010. In particolare la dinamica è stata positiva per l’agricoltura, negativa per l’industria e stazionaria per i servizi. (…) L’Italia è l’unico in recessione tecnica tra i principali paesi del continente. Tra i quali spicca la Francia la cui economia, pur rallentando ha mantenuto il segno positivo dello 0,3%, anche nell’ultimo scorcio del 2011″ (Corriere, p. 2).

“La recessione rende più arduo il processo di riduzione del debito pubblico, il cui valore è comunque significativo solo in rapporto al Pil [e rimane al 120%]. In termini assoluti, secondo i dati Bankitalia, nel 2011 ha toccato i 1.897,9 miliardi, 55,1 miliardi in più del 2010″ (Corriere, p. 2).

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