L’incredibile storia del Calcio Lecco, la squadra che doveva sbarcare a Wall Street e che è stata venduta al prezzo di un caffè

Due imprenditori hanno pagato una cifra simbolica per diventare proprietari del club lariano. Tra fallimenti e accordi mancati, nella città sul lago ormai si è visto di tutto

Bei tempi quando investire in una squadra di calcio era un lusso che in pochi si potevano permettere, ed essere presidente di un club locale era un onore che portava popolarità in città e ritorno economico. Ora il pallone di provincia fa sempre più rima con crisi in bilancio e conti in rosso, e se non vuoi essere una delle decine di squadre che tra Lega Pro e Dilettanti ogni estate all’atto di iscrizione ai campionati ci lascia la pelle, devi tirare la cinghia e sperare che i conti tornino.

1 EURO. Dimenticatevi Thohir che acquista l’Inter per 250 milioni di euro, alle soglie del professionismo si viaggia su cifre ben più misere. E così accade che Calcio Lecco, società che naviga nel fango della Serie D rimpiangendo 100 anni di storia e 3 stagioni in Serie A, venga acquistata da due nuovi proprietari per una cifra simbolica, 1 euro, poco più di un caffè al bar. Quanto si apprende dai giornali locali è che tale prezzo è stato pattuito dall’immobiliarista di Riccione Stefano Galati e dall’imprenditore di Schio Carlo Stocco assieme a Salvatore Ferrara, imprenditore milanese che a metà gennaio era diventato nuovo proprietario della società bluceleste, ma che con uno strano tira e molla nel giorno di passaggio di proprietà si era tirato indietro dall’operazione. Il contratto con la precedente dirigenza, la famiglia Invernizzi, era però stato siglato, ma a Ferrara di mettersi a capo del Lecco non interessava più. Così, ecco il prezzo simbolico e la cessione ai due nuovi acquirenti.

JOSEPH CALA E LE QUOTAZIONI IN BORSA. Sul Lario l’accordo viene guardato con un filo di scetticismo, anche se ormai la città non sa più cosa pensare dopo mesi in cui si è visto di tutto nelle trattative per acquistare il club. Tutti sperano che i nuovi proprietari non intendano seguire le orme di Joseph Cala, misterioso imprenditore italo-americano che arrivò in città nell’estate del 2012 promettendo di fare grande il Lecco e portarlo persino a Wall Street. In poche settimane il suo progetto roboante si rivelò costruito sul fumo: la Cala Corporation, società statunitense da cui proveniva e cui entrò a far parte il Lecco, si scoprì avere un prezzo per azione in borsa di 0,0007 dollari. Dopo giorni di confusione il neo-presidente passò dal dormire in hotel a una brandina nella sede dei lariani, e mollò tutto a poche settimane prima dalla partenza della stagione, lasciando in braghe di tela una squadra senza allenatore e con una manciata di giocatori tesserati. Non è rimasto in città neanche 50 giorni.

GLI ANNI IN SERIE A. Quello che i tifosi sperano è che i due nuovi proprietari dimostrino serietà e che riescano a mettano ordine a una squadra da troppo tempo in ristrettezze economiche. Ieri, appena prima che l’accordo fosse annunciato, i giocatori tardavano a uscire dagli spogliatoi per andare ad allenarsi, in protesta, pare, con i ritardi nel pagamento degli stipendi. Un vero sfregio alla storia di una squadra che, in più di un secolo di vita, ha vissuto pure i fasti della Serie A negli anni Sessanta: qui hanno giocato campioni come Clerici, Linsdkog, Nyers, e sul verde del Rigamonti-Ceppi sono affondate corazzate come l’Inter di Herrera, mentre hanno pareggiato la Juve di Sivori e Boniperti e il Milan di Liedholm e Altafini. Un club che ha anche trofei internazionali in bacheca, come la Coppa Anglo-Italiana. E che ora passa nelle mani di imprenditori diversi per il prezzo di un caffè al bar.

@LeleMichela

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