Le battutacce di Grillo sul carcere di Lele Mora e Cuffaro sono «insopportabili»

«Sono dimagriti. Vanno nelle beauty farm e le paghiamo noi», ha detto il comico che non fa più ridere. Il commento del segretario nazionale dei direttori penitenziari

«Totò  Cuffaro è uscito dal carcere che è una meraviglia di persona, così come quell’altro, Lele Mora, anche lui dimagritissimo. Vanno nelle beauty farm e le paghiamo noi. Batman per farlo dimagrire ci vuole l’ergastolo». Lo ha detto Beppe Grillo parlando con i giornalisti a Messina, appena giunto a nuoto dopo l’attraversata dello Stretto.
Il comico-politico si riferiva al permesso concordato due giorni fa dai giudici all’ex governatore siciliano Salvatore Cuffaro, che sta scontando una pena definitiva a 7 anni di carcere. Parole che Rosario Tortorella, segretario nazionale del Si.Di.Pe (Sindacato Direttori Penitenziari) giudica «tristemente fuori luogo».

Per quale motivo?
È insopportabile che si parli di carcere solo quando riguarda personaggi noti, e in questi termini. Io capisco che nel momento in cui alcuni soggetti politici approfittano del loro ruolo per avvantaggiarsene economicamente, questo susciti un sentimento di repulsione e sdegno. La giustizia deve fare il suo corso, e questo è auspicabile. Altro è banalizzare in questo modo i problemi del mondo carcerario, che coinvolge decine di migliaia di persone, molte delle quali in attesa di giudizio, è una realtà drammatica.

Perché l’idea di carcere come strumento di vendetta è sbagliata? 
La privazione della libertà individuale costituisce di per sé un fatto grave, nella vita di una persona. Il sovraffollamento non può che renderlo più tragico. Per questo, quando si parla di carcere, occorre essere molto prudenti. Le condizioni, come non da oggi denunciamo, non sono assolutamente delle migliori. Tanto è vero che il nostro Paese è stato condannato, per questo, dalla Corte di Giustizia Europea. Inoltre spesso ci si dimentica un concetto fondamentale: si è innocenti fino a quando non si ha una sentenza definitiva di condanna.

Ritiene che il populismo sia dannoso, da questo punto di vista?
Ritengo che il problema del carcere in Italia meriti di essere trattato in modo serio, di certo non cavalcando in questo modo la tigre della popolarità. Di carcere bisognerebbe parlarne ordinariamente, perché si tratta di una realtà che interessa tutti i cittadini. Tutti dovremmo pretendere un sistema processuale che conduca in tempi rapidi alla definizione del procedimento penale. Tutti dovremmo pretendere che la persona sconti la pena nel rispetto dei principi del nostro ordinamento. Quindi nel rispetto della persona, perché il carcere, per Costituzione, ha funzione soprattutto rieducativa. Una funzione che va applicata, come è proprio di un Paese che vuole dirsi civile.

Cosa chiedete al governo?
Denunciamo la grave carenza di personale penitenziario di tutti i profili professionali e, in particolare l’irrisorietà di funzionari giuridico-pedagogici, la quasi sparizione dei funzionari di servizio sociale, la carenza di organico, pari a circa 7000 unità, del personale di polizia penitenziaria. Questo è il quadro  di un’emergenza penitenziaria mai vista prima e per la cui quotidiana gestione, perché siano contenuti i danni, sono chiamati ad operare i dirigenti penitenziari. Ed è su questa emergenziale situazione che si sta abbattendo lo tsunami della spending review che finirà con il privare ogni carcere del suo direttore. La situazione è gravissima, perché il direttore è il primo garante dei principi di legalità nell’esecuzione penale.

Il 7 agosto scorso, nell’ambito della provvedimento sulla spending review, è stato accolto dal Governo un ordine del giorno che riguarda i dirigenti penitenziari e tutto il personale amministrativo, quello civile, educatori e psicologi, affinché siano esclusi dai tagli che sono previsti dal provvedimento.
Chiediamo di sapere a che punto si trovi l’attuazione di questo ordine del giorno. Come direttori penitenziari chiediamo, e come cittadini pretendiamo, coerenza. Per questo, desideriamo confidare ancora che il ministro della Giustizia Severino vorrà intervenire con l’urgenza e la decisione che la situazione impone, perché non si vorrebbe che proprio su questo Governo tecnico, sul quale sono state riposte da tutti grandi speranze, ricadesse la responsabilità di una esplosione del sistema penitenziario.

@SirianniChiara

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