La libertà dei bambini di Artsakh

Qui ogni fanciullo è libero di conoscere la propria cultura e decidere in autonomia quale valore abbia e se e come porteranno avanti i suoi valori e la sua pratica

Terzo di una serie di articoli (qui i primi due) – L’identità della popolazione di Artsakh è radicata nella loro storia e cultura. Perdere le loro tradizioni equivarrebbe a perdere cioè che li lega e che li rende forti contro le avversità. Perciò la modalità con cui la cultura Artsak è stata tramandata è essenziale tanto quanto le tradizioni stesse. I genitori trasmettono la conoscenza della cultura, apprendendo a loro volta dai genitori la pratica e il significato di storiche tradizioni. Ma perché una cultura persista non è sufficiente la conoscenza. Deve essere anche amata e sostenuta. I parenti possono offrire una tradizione, ma la scelta di accettarla, amarla e preservarla dipenderà sempre dal bambino.

Oggi in America è comune tra i giovani rifiutare la cultura e la storia americana, anche osteggiandola con forza. Noi siamo una nazione fondata su una serie di credenze, la più importante delle quali è che gli uomini sono liberi nel pensiero e perciò liberi nell’espressione di tale pensiero (finché i mezzi non sono violenti, l’uomo ha anche diritto alla vita). Oggi le proteste contro chi sostiene posizioni impopolari fanno parte della vita dei giovani, specialmente nei campus universitari, come all’Università di Berkeley lo scorso febbraio. Siamo una nazione fondata anche sull’affermazione che “tutti gli uomini sono creati uguali”, tuttavia quest’anno Harvard ha organizzato solo due cerimonie di laurea, una solo per i laureandi afroamericani e il loro corpo studenti applaudiva questa scelta come giusta e favorevole al progresso. I figli dell’America rifiutano la loro cultura e gli effetti della loro scelta risuonano nel divario politico che ormai colpisce il nostro paese.

La nostra domanda è: che cosa ad Artsakh incoraggia i giovani a perpetrare la loro traduzione, invece che distruggerla? Forse si deve al fatto che ogni bambino di Artsakh è libero di conoscere la propria cultura e decidere in autonomia quale valore abbia e se e come porteranno avanti i suoi valori e la sua pratica. Questa libertà dei bambini di Artsakh non è un assunto intangibile, ma un fatto osservabile nella vita di tutti i giorni. Il mio primo giorno a Stepanakert, lo stesso giorno in cui mi trasferii nel mio appartamento, vidi dei bambini attraversare di corsa un parco giochi nelle vicinanze, senza sorveglianza. Il loro gioco fu interrotto solo da un adulto quando la madre di qualcuno chiamò da un balcone. Vedere bambini indipendenti dai loro genitori è diventato parte della mia routine quotidiana. I bambini giocano non sorvegliati nel parco vicino al mio appartamento dal mattino presto alla sera tardi, divertendosi a piacimento, spesso con amici. Un gruppo in particolare è sempre pronto a urlare “ciao” quando mi vede lasciare il condominio. Ovviamente i bambini troppo piccoli per capire l’ambiente in cui si muovono vengono sorvegliati da un occhio vigile, ma sempre a distanza. Questa libertà sembra inoltre aumentare quando i bambini crescono. I piccoli sono liberi di giocare nel parco giochi; gli adolescenti girano per Stepanakert con gli amici.

L’indipendenza che i genitori concedono ai loro figli in Artsakh serve solo per evidenziale l’aspetto opposto in America. Sono cresciuto in una di quelle famiglie dove i miei genitori mi hanno concesso una libertà minima fino a quando andai in college, lontano dai loro sguardi critici. Lungi dall’essere un’eccezione, i miei genitori sembrano rappresentare un esempio dello stile genitoriale preponderante in America. Questo modo di esercitare il ruolo di genitore è abbastanza comune da giustificare il termine colloquiale con cui lo definiamo, “genitore elicottero”. Come indica il nome, i genitori elicottero controllano rigorosamente le scelte e i comportamenti dei loro figli, senza mai permettere loro di allontanarsi dalla loro vista o dal loro raggio. I miei genitori limitavano ogni cosa, dal giorno in cui potevo ospitare un amico (per avere il loro consenso era necessario un preavviso di settimane) fino alla possibilità di usare il computer sotto il loro controllo (anche quando avevo quasi vent’anni). Non c’era mai la libertà di invitare amici per un desiderio improvviso o di esplorare nuovi interessi senza essere controllato. I miei genitori non hanno mai creduto che io fossi responsabile, anche se non mi hanno mai offerto l’opportunità di sviluppare la responsabilità. Tra i sedici e i diciotto anni mi trovai davanti a due scelte decisive da valutare: se abbracciare e praticare la fede cattolica o no e se andare al college. A quell’età avevo la capacità e la volontà di prendere le mie scelte ed esserne responsabile, ma i miei genitori mi forzarono in entrambe le decisioni. Anche adesso, a ventidue anni, i miei genitori si sono battuti per impedirmi di trasferirmi ad Artsakh. Se si chiede a qualsiasi giovane americano sulla sua educazione si ascolterà una storia simile.

Ho raccontare gli errori dei miei genitori non per amarezza, ma per dare un esempio degli effetti di questo stile educativo. Al college, finalmente lontano dalla sorveglianza dei miei, essere così libero è stato un cambiamento scioccante e improvviso. Non c’era nulla che non comportasse una scelta. Anche l’andare in classe era una responsabilità che dipendeva solo da me. Alla mia prima occasione di pensare in autonomia, io, come la maggior parte dei giovani americani, ho rifiutato i valori americani che i miei genitori incarnavano. La mia risposta era emotiva, non razionale. Non ho considerato la veridicità e il valore delle loro credenze, ho solo risposto con rabbia e risentimento alla rigidità con cui me le avevano trasmesse. Senza aver mai avuto la possibilità di capire da me i valori americani, li ho rifiutati in maniera cieca. Facendo un confronto, qui ad Artsakh, i giovani sono liberi di amare e perpetrare le loro tradizioni. Questo è quello che mi è apparso sorprendente mentre partecipavo a una festa di compleanno di alcune adolescenti che, sebbene in casa dei genitori e sotto i loro sguardi, erano libere di festeggiare come piaceva loro. Nella loro libertà erano anche desiderose di condividere la loro conoscenza della bellezza e della storia dell’Artsakh con me come un qualsiasi adulto. Verso la fine della serata, il gruppo ha cominciato a cantare canzoni tradizionali di Artsakh con orgoglio vivace.

Per conoscere o amare qualcuno dobbiamo essere liberi di conoscerlo e amarlo. Questo è chiaramente evidente nel netto contrasto tra giovani americani e Artsakh. I ragazzi liberi di sviluppare le proprie opinioni conoscono da sé la bontà delle loro tradizioni e perciò le amano. I ragazzi trattenuti dal formarsi un proprio pensiero crescono con amarezza e risentimento verso la cultura che i loro genitori cercano di far rispettare. La bontà e la responsabilità sono, in ultima analisi, delle scelte e i genitori devono essere in grado di fidarsi dei figli e permettere loro di decidere ciò che è buono e responsabile. Fino a quando non si accorda questa fiducia ai giovani americani per lasciare che scoprano il bene dei loro valori tradizionali senza forzarli, ci possiamo aspettare solo una risposta arrabbiata. Artsakh ci ricorda quello che possiamo fare e ci offre una speranza per la continuazione della nostra unica e ideologica cultura.

Foto Ansa

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