La Lega maroniana (e un po’ meno bossiana) vuole parlare agli “stakeholder”

Agli Stati Generali del Nord a Torino il Carroccio abbandona la mitologia del "dio Po" e riserva solo qualche applauso allo storico leader. Passera e la società civile, il Manifesto per il Nord e l'ambizione di diventare " catalani"

Gli Stati Generali del Nord, svoltasi a Torino, al Lingotto, hanno cercato di definire i contorni e le caratteristiche, oltre che i contenuti, di quella Lega 2.0 di cui il nuovo segretario Roberto Maroni parla sin dalla sua elezione al congresso federale del luglio scorso. Una Lega, stando a quanto visto nei saloni dell’ex-fabbrica Fiat, de-folclorizzata. Capace – come ha detto il governatore veneto Luca Zaia con impensabile (Bossi regnante) linguaggio aziendalista – di “parlare agli stakeholder”. Una Lega che abbandona l’incerta mitologia padanista, per un più concreto “prima il Nord”. Slogan disseminato un po’ ovunque, non solo nelle sale del Lingotto ma anche alla vicina festa della Lega piemontese, che qualche indiscrezione vorrebbe nuovo nome della Lega maronita. Così, ha detto qualche maligno dietro le quinte, “si evita ogni contenzioso sul simbolo storico”; simbolo che qualcuno saprebbe ceduto a Berlusconi nel quadro dell’accordo del 2001.

Una nuova Lega insomma, che riparte dai legame con le aree produttive del Paese e dalla strategica guida di Piemonte e Veneto. Una nuova Lega che dedica poco spazio a Bossi (arrivato alle 9.40 di sabato, accolto con rispetto ma senza calore e colore d’un tempo) e che archivia le camicie verdi. Tanti doppipetti, tanti non leghisti.

L’incontro con il ministro Corrado Passera, il primo dopo la giornata a porte chiude di venerdì, all’antipolitico orario delle otto e trenta di sabato, ha regalato un ministro inflessibile nel chiedere “che siano premiate le amministrazioni locali virtuose e commissariate quelle che non lo sono”. Strappando più di un applauso in una sala. Giorgio Squinzi ha scelto il palco offertogli dai leghisti per dire: “Meno aiuti in cambio di meno tasse”.

Insomma, questa Lega d’opposizione, nel disegno di Maroni e soci, deve avere “mentalità di governo”. E, d’altronde, il segretario della Cisl Raffaele Bonanni e quello di Confartigianato Piergiorgio Guerrini proprio non ce si li può immaginare a colloquio con la Lega dell’ampolla del dio Po. E nemmeno i bei nomi del coté finanziario, tutti presenti ed attenti all’evento convocato da Maroni: Giuseppe Guzzetti (Fondazione Carialo), Giovanni Quaglia (Fondazione Crt), Luca Remmet (Compagnia di San Paolo) e Giovanni Sala (Cariverona).

Al termine, ripresentato al comizio per la festa, c’è il “Manifesto per il Nord”. Dodici punti, stilati dopo il lavoro a porte chiuse del venerdì, invece dell’annunciato decalogo. Si parte dalla creazione dell’Euroregione del Nord e dal sistema fiscale autonomo (il 75% delle tasse rimanga sul territorio) per arrivare all’eliminazione dei contributi alle imprese senza futuro ed alla fiscalità di vantaggio per il Nord. Si immagina il commissariamento delle banche che non sostengono l’impresa e reclama un taglio drastico di dipendenti pubblici nelle Regioni non virtuose. Rispetto rigoroso dei termini di pagamento del pubblico e semplificazione delle regole per le infrastrutture, altri obiettivi. Per favorire l’occupazione: azzeramento dell’Irpef, per i primi tre anni di contratto, per chi assume giovani sotto i 35 anni. Infine, regionalizzazione dei contratti di lavoro, del sistema pensionistico e di quello scolastico. Su questa base, ha chiarito Maroni, obiettivo il Pdl, si può “parlare di alleanze oppure lascino a noi la questione settentrionale”. Una Lega, se non bavarese, almeno con l’ambizione di essere (in positivo) catalana.

Marco Margrita

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