La fraternità di Antigone e Cacciari sui migranti è totalitarismo criminale

«Nessun porto va mai chiuso». Nessuno in tv, dinanzi all’evidenza della sofferenza dei migranti, ha osato eccepire che esistono anche le ragioni del re Creonte

Articolo tratto dal numero di Tempi di febbraio 2019.

Questo è l’anno in cui Antigone è innalzata come eroina assoluta. La F-R-A-T-E-R-N-I-T-À! Massimo Cacciari è stato il primo a salire sulle sue spalle e a gridare in suo nome. In televisione il filosofo e politico veneziano l’ha invocata per contrapporsi alla inumanità di Matteo Salvini dinanzi alla prova di forza delle navi Ong con a bordo migranti. Martellava il professore: «Antigone è la base della nostra civiltà! C’è una legge cui bisogna obbedire e viene prima di quelle dello Stato». Insomma: nessun porto va mai chiuso. Nessuno, dinanzi all’evidenza della sofferenza dei migranti, ha osato eccepire che esistono anche le ragioni di Creonte, il re che in nome della tutela del bene comune sacrifica dei beni particolari. Il problema è che questi beni particolari sono persone, dinanzi a cui la considerazione della tutela della comunità appare astratta. Nello specifico, io credo che i migranti di quella nave – quantunque usati come scudi umani per un gioco ideologico – andassero soccorsi senza tentennamenti. Ma qui si tratta di una questione persino più vasta. Antigone risolve la questione morale dell’accoglienza e dei migranti? È la fraternità autentica? Io dico di no.

Per tornare alla fonte letteraria (immortale), e cioè la tragedia di Sofocle evocata da Cacciari, non ha soluzioni. Perché nelle tragedie non c’è soluzione. Cacciari, come tutta la modernità, esalta la fraternità di Antigone, uccidendo l’unica sorgente possibile della fraternità: l’essere figli. Antigone in realtà non ha padre, non vuole averne. Ma questa fraternità non risolve, ma ingarbuglia il groviglio di male dei nostri giorni.

Sarà bene ricordi a me stesso l’antefatto teatrale. Antigone è figlia di Edipo e si trova davanti all’assurdo. I suoi due fratelli si uccidono davanti a Tebe. Uno la difendeva, l’altro – tradendo la propria patria – l’assaltava insieme ai nemici. Creonte, che è lo zio di Antigone, ed è tiranno di Tebe, decide di seppellire quello buono, con ogni onore di Stato, e di lasciare insepolto il secondo perché traditore. Chi oserà dargli onoranze funebri sarà lapidato. Antigone decide di opporsi. Cerca la bella morte. Creonte invece insiste. Solo alla fine si accorge di essere il lato debole del potere e se ne pente, corre per salvarla, ma Antigone lo batte sul tempo e si fa uccidere erigendosi a eroina per sempre. 

Do un piccolo stralcio tra le due posizioni (traduzione classica di Romagnoli). 


Antigone:
Sepolcro io gli darò; bella, se l’opera
avrò compiuta, mi parrà la morte.
E cara giacerò presso a lui caro,
d’un pio misfatto rea.

Creonte:
Poliníce, dico, l’esule che tornò, che il patrio suolo
strugger volea col fuoco, (…)
si lasci insepolto, e, divorato
agli uccelli e dai cani, e, deturpato,
sia visibile il corpo. È questo il mio
divisamento: ché non mai da me
avranno uguale onore i buoni e i tristi:
sol chi devoto alla città si mostra,
in vita e in morte, onore avrà da me.

Creonte:
E pur la legge vïolare osasti?

Antigone:
… i tuoi bandi
io non credei che tanta forza avessero
da far sí che le leggi dei Celesti,
non scritte, ed incrollabili, potesse
soverchiare un mortal: ché non adesso
furon sancite, o ieri: eterne vivono
esse.

Come ciascuno di noi, cresciuto nel seno della cultura dominante, anch’io ho sempre pensato avesse completamente ragione Antigone. Lei è l’amore. Finché mi imbattei in Hans Urs von Balthasar che la butta giù dal piedistallo perché «dispregia la legge della polis» e in Giacomo Contri che addirittura la definisce criminale. Perché Antigone prima di Cristo nega Cristo. Rinnega l’essere figli, lo fonda sul puro sentimento, e cita la legge divina ma per costruire un suo ego, rinunciando alle ragioni del potere, che in realtà è in Creonte l’«anello debole del potere». Perché ormai verrà – scriveva già nel 1977 Contri e lo ribadirà sul Sabato del 1991 – l’egemonia dell’“antigonismo”. La secolarizzazione del cristianesimo ridotto a pretesa sociale di essere buoni per legge. Il Vangelo trasformato in tirannide dei buoni, accoglienti, misericordiosi, un po’ come l’Anticristo di Solov’ev. 

Il 2019 è stato dichiarato dall’Osservatore romano quello della “fraternità”. Fraternità senza Cristo («chi vede me vede il Padre») è totalitarismo criminale.

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