La dentiera di Giovanna, lo sfascistone e gli insegnanti statali per la libertà di educazione

Lettere

Egregio direttore, lungi dall’incorrere in un prolisso scambio di opinioni come capitò su “Il Foglio” per “La vita è bella” volevo, però, contrastare un attimo la “rasata a zero” riguardo al film “Giovanna d’Arco” di Luc Besson che Alberto Leoni ha compiuto sul n. 5 di Tempi.

Sono d’accordo che in varie scene, anziché avere delle visioni cristiane, Giovanna aveva delle allucinazioni da impasticcata; sono d’accordo che sia per la sorella che per la spada che per altri fatti Besson non sia stato fedele alla realtà dei fatti storici; sono d’accordo sull’enigmaticità della figura impersonata da Dustin Hoffman.

Sta di fatto che, secondo me, soprattutto attraverso i dialoghi, Besson ha saputo, vuoi con l’insistenza alla confessione (come mezzo per rimanere unita almeno a Gesù) anche quando tutti le si rivoltavano contro, vuoi con la confutazione della certezza sulle sue “voci” perpetrata dalla figura anonima, vuoi con la grinta nell’affronto delle battaglie, far trasparire la fede e la vocazione di Giovanna. Inoltre ha evidenziato che, allora come adesso, spesso il marcio è insito proprio fra i prelati e le “persone di chiesa” e come la santità di Giovanna è consistita anche nel guardare a questi prelati come ministri di Dio ed esigere da loro che facessero solo il loro “dovere” di prelati al di là dei loro peccati e limiti.

Insomma a mio avviso attraverso questo film, magari con tanta fantasia, Besson qualcosa di buono l’ha saputo comunicare e penso che, in ogni caso, il criterio di giudizio di un film (come di ogni altra cosa) più corretto è quello di Gesù che, come citava un vangelo apocrifo, “seppe valorizzare i denti bianchi della carogna di un cane”. Detto questo la saluto ringraziandola comunque perché mi ha spronato ad andare a fondo delle ragioni dei giudizi sulla realtà – e sui film – che spesso esterno affrettatamente e superficialmente. Arrivederci Mario Toma, Padova Come si dimostrò con il fantastico regime che si armò delle dentiere più bianche del reame e che brillò di altrui virtù: la Vita è bella, Haider è Hitler, Giovanna D’Arco ebbe una sorella. E il Leoni provocato ci inviò codesta replica da agnello ungulato: “Carissimo Toma, grazie per l’apprezzamento e per la critica cortese. La storia dei denti bianchi è famosa, lo so, ma credimi, dopo aver visto circa millecento film, mi sono un po’ stancato di ravanare nelle fogne per trovare, non dico un rubino o un diamante, ma una banconota da diecimila. Il povero Besson, del quale continuerò ad amare “Il quinto elemento”, ha i denti cariati, per riprendere il tuo esempio. Non c’è Fede nella sua Giovanna ma solo l’equivalenza tra eccezionalità e follia, che è poi la scusa dei mediocri e dei pavidi. La Giovanna storica era una ragazza normalissima nelle situazioni più eccezionali ed è per questo che è così amabile; e quando prende per i fondelli vescovi e preti, (che poi, loro sì, si riveleranno eretici e scismatici) si appella al Papa e alla sua coscienza. Conservo ancora un’intervista al cardianl Ratzinger su questo tema, pubblicato su Il Sabato del 1991 ed è quello che sto insegnando ai miei cinque ragazzi: che mia Madre, la Chiesa custodisce la libertà di coscienza mia, loro e di Giovanna. E poi, lo ammetto, mi dà fastidio sentir parlare male di qualcuno cui voglio bene come la scandalosa Pulzella. Grazie ancora.

Alberto Leoni”
Signor Direttore, Lei sa che io non vorrei sembrare il solito “bastian contrario”? Lei sa che maggioranza e opposizione si sono improvvisamente trovate d’accordo votando all’unisono (unisono?) le norme sul “giusto processo”? Lei sa che questo continuo “sbracamento” che è l’esercizio democratico parlamentare mi induce a lanciare ancora un grido d’allarme (che è poi, essendo io il Battista, solo l’ennesimo grido nel deserto)? Lei sa che un Parlamento eletto dal popolo non ha il diritto di riformare la giustizia anche se la giustziia è ingiusta? Lei sa che il sacrosanto principio di “parità fra accusa e difesa” non deve essere applicato a Berlusconi e ai suoi amici, per intenderci, perché io Quello lo sfascio e, orbene, tanto per comprendere la delicatezza delle questione, perchè sarebbe come cambiare le regole di una partita di calcio o ammettere nuovi rifornimenti d’acqua in una tappa ciclistica? Lei sa che ci sono i raiders all’interno della maggioranza che fanno gli interessi politico-giudiziari di berlusconiana manovra? Lei sa che, piaccia o non piaccia, questo è il “prezzo giudiziario” che ci accingiamo a pagare per garantire la “governabilità”? Ma è giusto tutto ciò? E soprattutto (soprattutto?) è politicamente corretto? Bah! (Bah?).

Valenti Annalena, Concorezzo (Mi) Nostra pseudonima consorte, lei riscrive in allucinata sintesi (ma rispettosa della lettera) l’articolessa dell’eroe di mani pulite (Antonio Di Pietro, già magistrato, ora capogruppo al senato dei senatori Democratici) apparsa sul Corriere della Sera in data giovedì 10 febbraio. Lei sa che il Di Pietro fu eletto nel Mugello a furor di popolo diessino e che il non profeta in patria Giuliano Ferrara si immolò invano per contrastare un mito bugiardo. Bene, lei ora ha documentazione ulteriore, come dice Bossi, per stare col Berluscone.

Egregio Direttore, desidero portare a conoscenza dei lettori del Suo giornale l’iniziativa che ho promosso tra i colleghi della mia scuola statale, e che attraverso la Sua rivista potrebbe allargarsi ad altri insegnanti della scuola di stato. Ho inviato al ministro Berlinguer la seguente lettera di dissenso sul modo e sulla sostanza della sua riforma, sottoscritta da dieci colleghi (altri stanno aderendo), affinché sappia che non tutti gli insegnanti statali condividono la sua, nei fatti e a volte nelle parole, ostile e ottusa opposizione alla libertà di educazione e istruzione che, se favorita, potrebbe rianimare la scuola agonizzante nella palude della burocrazia invadente e, contradditoriamente, strozzata dalla cosiddetta autonomia.

“Al Sig. Ministro della Pubblica Istruzione.

Porterà, la grande ristrutturazione in atto, a una scuola utile alla società civile? Se autonomia significa distribuzione delle responsabilità funzionali al dinosauro burocratico; se insegnare diventa addestrare, e imparare apprendere; se le nuove tecnologie invadono l’ambito di libertà del rapporto docente/discente; se l’obbligo scolastico è di stare in un luogo e non di imparare; se lo stato controlla solo la correttezza legale delle procedure; se il tempo delle discipline è invaso da progetti di varia natura e scopo che distolgono risorse e impegno dall’insegnamento disciplinare meritevole di migliore considerazione e… retribuzione; se proliferano discipline, a volte affini, per la gioia dei privatissimi editori…

Se tutto ciò accade, allora la scuola non assolve il compito di preparare un buon futuro della società civile, ma è un immenso e prolungato parcheggio mal custodito.

I sottoscritti docenti di scuola statale non si riconoscono nell’ipocrisia (poca capacità critica) di quanti, avendo in odio la scuola non statale, specie se cattolica, non ne invocano il divieto in quanto dannosa, bensì il non finanziamento, misconoscendo così che essa, con i suoi iscritti, causa allo stato il risparmio di alcune migliaia di miliardi, oltretutto non investiti nella scuola statale…

Affermano invece, per amor d’insegnamento, che è forse il momento di accettare coraggiosamente la sfida di una pluralità di progetti educativi, capaci di offrire a tutte le famiglie l’opportunità di attuare “il dovere e diritto dei genitori di mantenere, istruire ed educare i figli” (Costituzione italiana, art. 30, comma 1).

Si augurano quindi lo sviluppo di un sistema scolastico nazionale regolato da poche ragionevoli norme alle quali ogni scuola, statale e non, debba attenersi.

Chiedono, in attuazione del citato articolo della Costituzione e del successivo, che “la Repubblica agevoli con misure economiche ed altre provvidenze la formazione della famiglia e l’adempimento dei compiti relativi” (art. 31, comma 1).

Un percorso che attenui la disuguaglianza delle famiglie nell’esercizio del diritto-dovere educativo, potrebbe iniziare, come suggerì alcuni anni or sono il già ministro Dini, con la detrazione delle spese scolastiche per approdare prudentemente, data la giovane età della democrazia italiana, al buono scuola: un sussidio personale che segua ogni allievo nel cammino scolastico.

Insegnanti statali per la libertà di educazione.

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