La Cdl muore. Tramonta la rivoluzione liberale proprio mentre il paese ne avrebbe più bisogno

La Casa delle Libertà si sta decomponendo, inutile girarci intorno. E non sarà certo una piazza numerosa a invertire il trend. E neppure gli epinici settimanali che Baget Bozzo dall’altare di questa pagina eleva a Berlusconi. Le cause della decomposizione sono profonde. La vittoria del 2001 annunciava un periodo di liberalizzazioni, di destatalizzazione dell’economia, della società e dell’amministrazione pubblica: una rivoluzione liberale dura, alla Thatcher, o più dolce, alla Tony Blair. I riformisti di questo paese si attendevano un ridimensionamento dell’enorme potere che il sindacato esercita sul mercato del lavoro privato e pubblico e su istituzioni quali la scuola.
Restano la legge Biagi e la legge Moratti. La prima ha incominciato a radicarsi nel tessuto sociale e amministrativo, la seconda è arrivata tardi e male: con qualche colpo ben assestato di cacciavite l’intero meccano si è sfaldato. Restano lampi di una nuova cultura politica e poco altro. La riforma del ciclo secondario, vulgo della scuola media superiore, è rimasta al palo. Perché tanto fallimento? Intanto, la coalizione era molto eterogenea. C’erano ex dc, ex socialisti ed ex missini riformisti e liberali, dispersi sotto le varie sigle. Ma anche una forte minoranza di conservatori e statalisti, soprattutto tra gli ex dc e tra gli ex missini. Quanto alla Lega, era ed è rimasta conservatrice e populista nelle politiche sociali, liberal-federalista nelle politiche istituzionali. Tutte le coalizioni sono eterogenee per natura. Ma lo stile di direzione politica di Berlusconi e della sua classe dirigente è stato debole, oscillante e doroteo, innanzitutto sul piano culturale e programmatico, incapace di visione e di sintesi. I partiti della coalizione, ben lungi dall’essere strumenti di radicamento sociale, di battaglia culturale e di selezione della nuova classe dirigente, hanno funzionato come protesi artificiale dei leader. Né si vede al momento una capacità di fare un bilancio critico.
Dare la colpa dell’insuccesso alla rete corporativa dei poteri forti e all’inviluppo di procedure e leggi è patetico, una scarsa consolazione per coloro che avevano votato Cdl proprio per spezzare quella rete. Il paese ha un drammatico bisogno di rivoluzione liberale. Il turbinio e la moltiplicazione delle sigle politiche a destra e a sinistra continua a non rispondere a questa domanda. La politica si parla addosso. Il paese se ne allontana: il che è male per il paese e per la politica.

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