La bomba liberale

intervista di Maurizio Zottarelli a Marco Taradash

La Corte di Cassazione ha ormai ammesso i 23 quesiti referendari presentati: quindi possiamo sperare che la “bomba liberale”, come qualcuno l’ha definita, arrivi a deflagrazione? Innanzitutto bisognerà attendere il giudizio fondamentale della Corte costituzionale prima di affermare che i referendum ci saranno. Anzi io sono preoccupato e ogni ottimismo in questo momento sarebbe fuori luogo perché i precedenti della Corte costituzionale vanno in direzione di scelte politiche e non di diritto. D’Alema ha già costruito un iter per cui alla Corte costituzionale spetterebbe di decimare i referendum. In particolare non sarei affatto ottimista su alcuni dei quesiti che riguardano lo stato sociale e la giustizia perché la Corte è sempre stata orientata a una lettura restrittiva della libertà referendaria non applicando la Carta costituzionale ma la sua giurisprudenza. Possiamo cercare di esercitare una certa pressione democratica con i convegni e il movimento di opinione che stiamo organizzando in queste settimane.

Cercando per un attimo di essere ottimisti, con l’approvazione di questi referendum cosa cambierebbe? Se passasse un gruppo di quesiti forti che investono potere sindacale, giudiziario e stato sociale, saremmo di fronte a qualcosa di analogo al referendum su monarchia e repubblica: si tratterebbe del referendum su prima e seconda repubblica. Finora, infatti, non si vede la seconda repubblica, bensì il deretano della prima. Questi referendum potrebbero veramente rappresentare il passaggio al di là del muro.

Analizziamoli nello specifico: ci sono cinque quesiti su fisco, previdenza e sanità…

Se venissero abolite le pensioni di sanità, per esempio, salterebbe tutto un apparato e un complesso di interessi che legano burocrazia sindacale e poteri dello stato e verrebbe finalmente restituita ai lavoratori la possibilità di decidere sui propri soldi. Ugualmente sulla sanità: se si istituisse una competizione reale tra pubblico e privato e si uscisse dall’attuale regime consociativo il consumatore tornerebbe sovrano delle sue scelte.

Certo si tratterebbe di una sentenza senza replica nei confronti della riforma Bindi…

Non c’è dubbio. Il referendum apre a possibilità di scelta individuale su dove e come curarsi e va in senso diametralmente opposto alla riforma moralista e dirigista della Bindi.

Un altro attacco frontale sembra rivolto ai sindacati…

Il sindacato è l’obiettivo numero uno dei referendum. Come i referendum elettorali sono un attacco al sistema dei partiti, così i referendum economici attaccano la sindacatocrazia. Mentre i quesiti su lavoro e impresa sarebbero l’occasione di una modernizzazione liberale del sistema economico italiano.

E i referendum sulla giustizia? Quelli attaccano frontalmente chi ha, abusivamente, trasformato un ordine in un potere e quindi il sistema delle correnti all’interno della magistratura e il loro potere politico.

I dubbi riguardano la reale efficacia dei referendum: su molti di questi quesiti il popolo italiano si è già pronunciato e il risultato in un modo o in un altro è stato vanificato. D’altra parte non più di sei mesi fa l’elettorato ha respinto il referendum sulla quota proporzionale. Non le pare? C’è da dire che il clima politico è cambiato. Ancora nell’aprile scorso il paese appariva narcotizzato dal centro-sinistra il quale riusciva a convincere gli italiani di essere in grado di governare. Il governo D’Alema ha dissipato questa ultima illusione dimostrando che il centrosinistra è solo l’estrema propaggine della partitocrazia e del sistema consociativo che legava Dc e Pci. Se a sinistra è venuta meno questa fiducia un po’ ebete, a destra invece è venuto meno il senso di inferiorità verso la presunta buona amministrazione della sinistra. E quindi ora, con più realismo, il paese vede nel referendum un’ultima spiaggia e un’opportunità concreta.

Che poi magari verrebbe vanificata insieme all’esito dei referendum…

L’intero pacchetto referendario mi sembra difficilmente disinnescabile: ci vorrebbe una capacità antagonista che il nostro sistema politico non pare capace di manifestare. A meno che Berlusconi, rischiando moltissimo, non scelga la strada del neocompromesso storico con D’Alema. Ma tutti sanno che l’elettorato del Polo è in larghissima maggioranza favorevole ai referendum. I veri avversari sono i sindacati e i partiti legati al passato come i Ds, Psi, Verdi, ex Dc e frattaglie varie. Se, però, Berlusconi vuole veramente assumere la leadership del Polo e vincere le elezioni, allora deve seguire la strada della politica e non limitarsi a controllare il suo schieramento.

Sanità, lavoro, impresa, stato sociale, giustizia, fisco… Perché non un referendum sulla scuola e la libertà di educazione? In passato si è provato, ma credo che non si riesca a trovare il meccanismo referendario per la scuola. L’unica strada probabilmente sarebbe quella della modifica per via referendaria dell’articolo 33 della Costituzione perché attraverso le leggi ordinarie non ci si riesce per una questione tecnica. Del resto anche sulla scuola i radicali sono schierati pur vedendo il rischio che questa battaglia si trasformi in un clericalismo di Stato: si lancia il buono scuola e intanto si incassano gli srtipendi per i professori delle private…

In definitiva, quindi, questi sarebbero dei referendum sulla forma stato? Sì, sono referendum sulla costituzione materiale del paese perché investono la traduzione statalista e consociativa della carta cotituzionale. Una lettura che ha dominato da dopo De Gasperi a oggi stravolgendo completamente la Costituzione. Forse è venuto il momento che anche l’Italia possa diventare un paese liberale e moderno dove ai cittadini siano restituiti i diritti di sovranità che hanno perso.

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