L’idea di sostituire la Pa coi tribunali crea soltanto caos. Il caso Ilva insegna

Invece di attenersi alle leggi del Parlamento, il Tar del Lazio si mette ad augurare che si approvino leggi di altri Stati. La magistratura non dovrebbe fare propaganda

Tratto dal numero di Tempi in edicola (vai alla pagina degli abbonamenti)

Il Tar del Lazio che contesta l’opposizione di Angelino Alfano alla registrazione di matrimoni tra persone dello stesso sesso da parte di sindaci italiani, ci scoraggia – anche oltre alla già alta soglia raggiunta – sullo stato della nostra giustizia. Tocca rileggere un paio di volte la frase della sentenza che auspica come si «ponga la legislazione del nostro paese in linea con altri paesi dell’Unione Europea». Insomma, invece di attenersi alle leggi votate dal Parlamento, il Tar si mette ad augurare che si approvino leggi di altri Stati. Comprendo che nel caos giurisdizionale determinato pure dall’Unione Europea si determinino casi di conflitto tra legislazione nazionale e comunitaria, ma una magistratura “compos sui” dovrebbe al massimo sollevare conflitti presso l’Alta Corte, non fare la propagandista di leggi presunte migliori.

Ma andiamo al “merito” del Tar: Stato, governo, Viminale per applicare le leggi dovrebbero rivolgersi solo alla magistratura. Al posto dell’amministrazione delle leggi nazionali ci sarebbe solo la gestione giurisdizionale delle stesse. S’intravede quasi un sistema in cui per dare una multa servirà una sentenza. Un magistrato di grandi capacità ed efficacia come Raffaele Cantone, assumendo il ruolo di zar dell’anticorruzione, fa intendere un esito di questo tipo con un suo potere quasi di inventare le leggi per risolvere i casi più tormentati e un’analoga irresistibile influenza nell’ottenere dal Parlamento ciò che vuole.

Comprendiamo – e giustifichiamo in qualche caso – le sue operazioni di emergenza, anche se riteniamo che l’Italia potrebbe scegliere ancora soluzioni democratiche per affrontare i suoi pur complicatissimi problemi. Però almeno, Cantone agisce da dirigente dello Stato e non da magistrato. L’idea invece di sostituire l’amministrazione pubblica con i tribunali che traspare dalla sentenza anti Alfano non ha neanche l’efficacia di certe scorciatoie autoritarie: porta solo a un caos semifeudale come quello che si è puntualmente riscontrato nel cosiddetto caso Ilva.

Foto Ansa

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