Kefiah e cellulare

Kefiah e cellulare

A chi chiamasse il numero di cellulare stampato sul volantino del Coordinamento Collettivi Studenteschi di Milano distribuito in occasione della manifestazione davanti alla sede della Regione Lombardia contro i buoni scuola “di Formigoni”, risponde lui: Jonas. È il responsabile del “coordinamento” e da buon manager spiega gli obiettivi della sua azienda: “Un coordinamento degli studenti aiuta ad affrontare con più efficacia i problemi: le iniziative non devono calare dall’alto sugli studenti che, invece, devono far presenti le loro esigenze, così la lotta è più concreta”. Studente al primo anno di Sociologia, di questi tempi è però impegnato a tempo pieno in una tourneé che lo sta portando in tutte le scuole milanesi a spiegare agli studenti delle superiori perché “non si deve svendere la scuola ai privati”. Un lavoro duro che però dà le sue soddisfazioni. La sede del Coordinamento è nei locali occupati del centro sociale “Punto rosso”, in via Morigi 8, pieno centro di Milano, zona aristocratica dai palazzi signorili e professionisti in giro nella pausa pranzo. Dietro il portone, l’ingresso tappezzato di bacheche traboccanti petizioni controinformative, corsi di marxismo applicato e, più veltronianamente, di Arti orientali e strumenti quali il “didgeridzoo”. Tra i manifesti, tre persone al lavoro davanti al computer. Uno, con l’aria del capo, si alza: “Prego, chiamate pure il compagno!”. Il compagno Jonas arriva e attacca: “La scuola come è adesso non ci piace. Ha un’impostazione culturale elitaria, per cui, per esempio, esiste il liceo classico che è solo per i migliori”. Tu che scuola hai fatto? “Il classico”. Ah, comunque ora lo togliamo così esistono sono gli istituti tecnici alla portata di tutti? Jonas non spiega: “E poi non vogliamo l’autonomia, la parità, i tagli alla scuola pubblica, il riordino dei cicli”. Appunto, la parità: “È un modello pericoloso perché si rischia l’indottrinamento: si crea una specie di ghettizzazione con la scuola che ribadisce in modo acritico le proprie origini culturali: musulmani coi musulmani, cattolici con cattolici, padani con padani…. Così si fomentano i conflitti, invece la scuola statale la scuola statale è pluralista e multietnica, si conosce un sacco di gente diversa, si convive con gli altri e può garantire la maturazione di un giudizio critico…”. Molto bello, molto veltroniano, ma tu sei mai stato in una scuola privata? “Ho visto dei dibattiti in televisione l’anno scorso fra studenti della privata e della pubblica”. E se un genitore volesse dare a suo figlio una buona preparazione che magari la scuola statale della zona, che non si può scegliere, non fornisce? “Se vuoi una scuola così te la devi pagare”. Quindi, niente parità, ma intanto come salviamo questa scuola che cade a pezzi? “Senti, io ho vent’anni, non è compito mio”.

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