Chiudere l’era di sputtanopoli

Il guardasigilli Nordio promette di mettere un freno all'uso eccessivo e strumentale delle intercettazioni. Trent'anni di fiction nel nome del mito della Trasparenza sono anche troppi

«Datemi una lettera e un paio di forbici e io farò impiccare l’autore» diceva il cardinale Richelieu, enunciando un principio spesso citato dal guardasigilli Carlo Nordio per spiegare il malefico uso delle intercettazioni. Quante ne abbiamo lette in questi anni? E da quanti anni invochiamo una riforma per mettere fine alla gogna a mezzo stampa?

Nel corso delle comunicazioni in commissione al Senato sulle sue linee programmatiche, il ministro della Giustizia ha fatto l’elenco delle “cose” cui vuole mettere mano. «Una riforma del codice penale per adeguarlo al dettato costituzionale e una completa attuazione del codice Vassalli»; la riforma dell’abuso d’ufficio; un cambio di paradigma su che cosa significhi «certezza della pena» che non è sinonimo di «sempre e solo carcere»; l’idea che la corruzione si batta con poche e chiare leggi; e poi, appunto, la diffusione delle intercettazioni.

Perché, ha spiegato il ministro, nel nostro Paese la presunzione di innocenza «continua a essere vulnerata in molti modi. L’uso eccessivo e strumentale delle intercettazioni, l’azione penale che è diventata arbitraria e capricciosa, la custodia cautelare usata come strumento di pressione investigativa».

Cittadini trasformati in spettatori

C’è da sperarci che anche solo una delle sue promesse venga realizzata. Trent’anni di circo mediatico giudiziario sono anche troppi. L’abbiamo visto applicato al calcio, alle vallette, ai furbetti del quartierino, alle olgettine e a qualunque personaggio su cui si potesse costruire uno sceneggiato che lo facesse apparire un farabutto, un mascalzone o una prostituta.

Abbiamo visto giornali e trasmissioni tv trasformate in buchi della serratura, in fiction di quart’ordine con tanto di attori che impersonavano quello che “sarebbe accaduto”, con spezzoni di audio intercalati in rappresentazioni “verosimili” del “mercimonio” che avviene nei “luoghi oscuri del potere”. Spesso solo fumo, fumo negli occhi di cittadini trasformati in spettatori del gran teatro del “carta canta”, di fatti ricostruiti con malizia, di «lettere ritagliate ad arte», appunto, come diceva Richelieu, «per impiccare» l’avversario politico.

Il mito della Trasparenza

Nordio promette di fermare una volta per tutte la diffusione di quelle che, tante volte, si sono rivelate “non notizie”, perlopiù dettagli boccacceschi e un po’ pornografici di vite private, dati in pasto all’indignazione pubblica in nome della Trasparenza con la lettera maiuscola. Una favola moderna che è un mito totalitario, un incubo orwelliano su cui Travaglio e i suoi fratelli grillini hanno costruito fortune e carriere.

È l’ora di dire basta, se Dio vuole.

Foto Ansa

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