Ingroia, giù le mani da Pellizza da Volpedo. “E’ simbolo riformista, non giustizialista”

Il magistrato usa l'immagine del celebre quadro "Quarto Stato" per il logo del suo partito. Ma il sindaco e i cittadini di Volpedo protestano

Si leva da Volpedo, in provincia di Alessandria, una voce duramente critica verso il magistrato-candidato premier di “Rivoluzione Civile”, Antonio Ingroia.

Oggetto del contendere: l’appropriazione del “Quarto Stato”, il celebre quadro di Giuseppe Pellizza. Come è noto, infatti, nel simbolo del cartello elettorale che sostiene Ingroia è presente una stilizzazione dell’opera d’arte diventata simbolo del movimento socialista. Due gli interventi. Quello del sindaco della città e quello del gruppo che, in nome degli ideali del socialismo autonomista, raduna nella città dell’alessandrino personalità e sigle. “Giuseppe Pellizza – sostiene il portavoce del “Gruppo di Volpedo”, Dario Allamano – scriveva nei suoi quaderni nel 1905: “L’opera d’arte è creatura che non può appartenere soltanto al suo autore ma in certo modo a tutti, che possono trarne diletto ed ammaestramento”. Il Quarto Stato questo è, una creatura che nel corso di un secolo ha rappresentato per le classi più umili un faro, la dimostrazione che una serie di  individui se si unisce diventa un movimento. Il Quarto Stato non è solo l’immagine di un gruppo di contadini che si reca a rivendicare quanto giusto a Palazzo Malaspina di Volpedo, è la rappresentazione di un movimento più ampio che in quegli anni nasceva: il movimento socialista, è la rappresentazione di tutte le lotte che in quegli anni si svolgevano, dalle risaie alla pianura polesana ed emiliana, alle lotte in Sicilia, è la “forza tranquilla” che rivendica con orgoglio e dignità i propri diritti”.

In questo senso, la scelta di appropriarsene di un gruppo che vede al proprio interno uno dei più tenaci avversari del Partito Socialista (Antonio Di Pietro) viene vista come danno e beffa. Non ci sono considerazioni politiche, ma la stessa indignazione da parte del primo cittadino, Giancarlo Filippo Pio Caldone. Il sindaco, ostinatamente socialista, chiede a Ingroia di rinunciare a “un’icona già usata indebitamente e strumentalizzata per tanti anni e in tanti modi”. Si tratta, spiega Caldone, della necessità di tutelare un patrimonio collettivo. In passato, spiega, il quadro “è stato utilizzato e sfruttato in mille modi nel campo dello spettacolo. Da Bernardo Bertolucci, che non si è neppure degnato di dare una risposta all’invito rivoltogli dal Comune nel 2001, quando il quadro ritornò a Volpedo, e ultimamente da Adriano Celentano. Nel campo privato l’industria Lavazza l’ha utilizzato per la sua pubblicità, anche in questi casi senza educazione alcuna. Tanto per citare alcuni casi”.

Sulla polemica interviene anche il responsabile provinciale alessandrino del Partito Socialista di Nencini, Gian Luca Chiesa: “Nulla lega Ingoia al Quarto Stato. Nulla perché questa è una raffigurazione ante litteram del concetto di riformismo, ossia del perseguimento del miglioramento sociale ed economico tramite le riforme, tramite il dialogo e non tramite le rivoluzioni ed il giustizialismo. Il Quarto Stato è un’opera che rappresenta la dignità, il coraggio e la forza delle classi lavoratrici  nonché la loro aspirazione alla libertà, all’eguaglianza di diritti e alla fratellanza tra le genti, dunque nulla a che vedere con il giacobinismo rivoluzionario che mira solo a veder rotolare delle teste”. Da tutti, in sintesi, si leva la stessa richiesta: “Ridurre il tutto a simbolo di parte è un pessimo errore, se il Quarto Stato è un “bene comune” come tale va utilizzato”.

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