Il suicidio di Andrea e l’omofobia immaginaria dei nostri giornali

Sabato sul Foglio è stato pubblicato un editoriale dal titolo "L'omofobia immaginaria" che parla dell'episodio del ragazzo di Roma e della «pigrizia di certe interpretazioni»

Vi abbiamo già parlato nei giorni scorsi del suicidio di Andrea, 15enne studente del Liceo Cavour di Roma. Lo abbiamo fatto riportando le parole della preside e due lettere che i compagni, gli insegnanti e i docenti dell’istituto avevano inviato ai media per smentire molte e gravi inesattezze che erano state scritte sulla vicenda. Sabato sul Foglio è stato pubblicato un editoriale dal titolo “L’omofobia immaginaria” che parla dell’episodio e della «pigrizia di certe interpretazioni». Lo riproduciamo di seguito.

L’omofobia immaginaria
Il suicidio del giovane Andrea e la pigrizia di certe interpretazioni

Forse non sapremo mai che cosa ha spinto il quindicenne romano Andrea a uccidersi tre giorni fa. Se il bullismo omofobico o il dileggio per quel suo modo di acconciarsi, con pantaloni, rossetto e smalto rosa, oppure, come anche è stato detto, una complicata situazione famigliare o un amore deluso o niente di tutto questo. Certo è che, nel voler dare per scontata la matrice del pregiudizio anti gay in questa vicenda tragica, buttandola subito in fiaccolata e in richiesta di pene per gli omofobi, si rischia più di un paradosso. Si rischia, come il Corriere della Sera, di titolare “Paola Concia: diversità disprezzata e ferita”, l’onesta dichiarazione in cui la parlamentare del Pd impegnata nella difesa dei diritti degli omosessuali racconta di aver parlato per due ore con i compagni di classe e i professori di Andrea, e di non aver riscontrato altro che “un contesto scolastico assolutamente non ostile alla diversità”. Al punto che si è trovata, alla fine, a dover consolare quei ragazzi sconvolti da “un doppio dolore: quello della perdita del loro compagno di classe e quello di essere stati descritti su tutti i siti come i responsabili della sua morte”.

Veniamo al paradosso: si chiedono, i dementi che attaccano quei ragazzini come omofobi assassini, che cosa questo può provocare nelle loro vite? In tema di prediche inutili, si distingue invece Repubblica, che fa straparlare Michela Marzano di diritto a vestirsi di rosa o di azzurro senza essere per questo discriminati (ma dove vive? Non è mai stata all’uscita di una scuola?). Scopriamo poi che il profilo Facebook da cui ad Andrea sarebbero arrivati gli insulti “era una pagina costruita con lui” (Paola Concia) e non, come si è letto ovunque, messa su per perseguitarlo. Il problema, allora, può essere il contrario di quello piattamente espresso dal pensiero mainstream:  con lo smalto rosa sulle unghie, con gli atteggiamenti stravaganti, quel ragazzino magari non chiedeva di essere “accettato”, ma di essere aiutato (suo nonno, tra l’altro, raccontava del suo innamoramento per una ragazzina). La psicoanalista Simona Argentieri, nel libro A qualcuno piace uguale (Einaudi), racconta di come ormai sia più facile rassicurare un ragazzino di tredici, quattordici anni (l’età dell’incertezza) dicendogli che tutti sono felici se è gay,  piuttosto che accompagnarlo in un percorso di vera conoscenza di sé. Assassina, a volte, è la pigrizia.

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