Il retrogusto di Nanni

Niente primarie ma sudore e mugolii per l'idolo di canotta continua. Moretti nella sua performance più cervellotica e guardona

E così scoccò l’ora del celodurismo di sinistra. Senza dibattito interno, primarie, adunate oceaniche. Un inno alla gioia situazionista dell’incontro ravvicinato di un certo tipo. Che si perde nel dietrofront arrapato da vivere con la stessa pulsione della presa del palazzo d’inverno. È il trionfo dell’autoreggente, dell’intimo sempre più nero e del divincolarsi smodato e sudato per una rinascente foga rivoluzionaria. Canotta continua insomma, anche se manca il bicipite alla Russell Crowe. Il leader indiscusso di questa svolta audace da cielo in una stanza semibuia è quel tipo con la barba sempre a posto, dalle buone letture, che talvolta ritorna, flemmatico ma risoluto, comunicatore sommo di incertezze e nuovi corsi anche quando sbadiglia. Nanni Moretti rimane l’unico sol dell’avvenire. Un’icona ex post, un quadro mai intermedio, una locandina osè. Spiazzante. Capace di passare dalla palombella rossa alla luce rossa con assoluta disinvoltura ideologica. E tutti ad abboccare.
Per due settimane non si è parlato d’altro. Del Nanni novello Rocco Siffredi (a proposito, il divo hard denuncia la drammatica penuria di nuovi talenti…), protagonista in Caos calmo di una scena spericolata con la cerebrale e fin troppo disponibile Isabella Ferrari. In genere quando accade così significa che il film è poca cosa e che l’ufficio stampa si è mosso bene. Conosce i suoi polli. Una foto qui con la carezza già languida, una ripresa amatoriale là “strappata” sul set proprio durante la scena madre e girata immediatamente su internet, le ammiccanti confessioni della coppia progressista su “come ci siamo sentiti in quei momenti lì”. Roba da film di Tinto Brass, dei tempi d’oro di quando sbarcava a Venezia con le sue procaci e peccaminose attricette. Stavolta abbiamo appreso che la Ferrari ha scolato vodka prima della vampata fatale e che il compagno Moretti ha tracannato birra come antipasto al beau geste. Poi via ai quattro minuti che definir d’amore si rischia la querela. Lei se la passa male per davvero in quei momenti. Trattata da cani, tirata per i capelli. Sballottata e usata. Sequenza come minimo fastidiosa che dovrebbe far impallidire e incazzare le signore femministe e la sinistra immacolata. Giammai. Si preferisce svicolare, beninteso dopo aver guardato. La scusa è la stessa da quel dì. Sbagliato ridurre un film che dura 112 minuti solo a quella vicenda di sesso, seppur quasi estremo. Mah. Però bisognerà pur dire che fa schifo quella macabra rappresentazione; che fa male ai giovani già sballottati da mille grevi tentazioni e che in ossequio al machismo trangugiano tranquillamente pasticche di viagra; che far l’amore è un’altra cosa; che allora è meglio Moccia con il suo sentimentalismo naif. Invece non si può dire nulla per non passare da bacchettoni. Perché Moretti è Moretti come Sanremo è Sanremo. A lui si concede tutto. Anche le frasi a buon mercato a cui è impossibile credere. «Se c’è stato tanto clamore su questa scena la colpa non è certo mia né dei produttori, distributori o ufficio stampa. La cosa l’avete montata voi, ve la cantate e ve la suonate». E la partner: «Non banalizziamo tutto. È stato più faticoso per me fare la scena dell’annegamento. Quella di sesso io e Nanni l’abbiamo affrontata con spirito zen». Ci mancava il richiamo ascetico, ispirato, sublime.
Ci pare un evidente caos pensiero. Che poi i giornali, anche quelli molto grandi e dalla diffusione imponente, abbiano guardato dal buco della serratura raccontando con dovizia di particolari quei 4 minuti di ordinaria e violenta malinconia spacciandola come una variante amorosa della contemporaneità sta nella deriva nichilista; per dirla con il cardinale di Bologna Carlo Caffarra, si vuol far passare una visione delle cose dove essere e non essere pari sono.
E allora tutto diventa lecito, quasi naturale, come l’approccio animalesco del signor Ecce bombo del duemila. Come l’enfasi riservata al video dello striptease dell’assistente di volo in un fuori programma che è tutto un programma. Una notizia stupida collocata in apertura di più quotidiani on line con la stessa rilevanza della crisi di governo e molto di più del dramma in Ciad e della fatica quotidiana che fanno le famiglie italiane a tirare la fine del mese.

Sagra dell’occhio languido
Non c’è niente da fare, ogni volta che esce qualcosa su scollacciamenti e vicende che non farebbero impazzire il Pierino di Alvaro Vitali che è una persona seria, si guarda e si partecipa alla sagra con sguardi languidi e improbabili desideri. Ma guai a trattare Moretti alla stregua di un recitante di serie B, come un attore qualunque in cerca di rilancio per evidente crisi creativa. Anche a mutande abbassate, ripreso di spalle (tranquilli e tranquille), l’intellettuale più incazzoso che c’è rimane il punto di riferimento obbligato per le Ravera e le Sotis (così siamo trasversali alle generazioni) de noantri. Che infatti ben si guardano dall’attaccare il suo celodurismo seppur gauchista, il suo prendere alle spalle la realtà. E dubitiamo che promuovano incontri polemici e conditi di verve virulenta le librerie delle donne evergreen. Loro sono impegnate a scatenare offensive verso chi parteggia per la normalità, per le cose semplici e popolari. E siccome il diavolo fa le pentole ma non i coperchi, in Caos calmo per ben due volte la camera indugia, involontariamente, sulla copertina di un numero di Tempi. Forse affascinata. Certo in un sobbalzo trasgressivo.

Exit mobile version