Il Regno Unito è pronto a stracciare la Convenzione europea dei diritti umani

Il tribunale di Strasburgo ha stabilito che la legge britannica del 1870 che nega il diritto di voto a chiunque si trovi in prigione al momento delle elezioni è incompatibile coi diritti umani. Il Regno Unito non se ne è mai preoccupato e ha multato 600 detenuti a pagare 76 sterline perché hanno fatto ricorso

I più scalmanati auspicano l’uscita del Regno Unito dalla Convenzione europea dei diritti umani, i più moderati propongono di riformare la Corte che ha emesso il verdetto non appena Londra avrà la presidenza di turno del Consiglio d’Europa, e cioè nel prossimo mese di novembre. Ma una cosa è certa: il partito conservatore britannico l’ha giurata alla Corte per i diritti umani di Strasburgo, e se i britannici non hanno ancora tirato fuori l’artiglieria pesante è solo a causa della presenza dei liberaldemocratici di Nick Clegg, europeisti liberal convinti, nel governo di David Cameron. I conservatori non possono fare a meno dei loro alleati di coalizione per governare, e questo determina un raffreddamento anche degli spiriti più caldi.

L’oggetto del contendere è la sentenza con cui il tribunale di Strasburgo ha stabilito che la legge britannica del 1870 che nega il diritto di voto a chiunque si trovi in prigione al momento delle elezioni è incompatibile coi diritti umani. La sentenza risale al 2005, ma il Regno Unito si è sempre rifiutato di modificare le sue leggi per attuarla, e quasi 600 detenuti che si sono rivolti alla giustizia britannica per ottenere un indennizzo del danno patito per il mancato recepimento della sentenza si sono visti non solo respingere il ricorso, ma anche condannare a pagare una multa di 76 sterline, pari a otto settimane di lavoro carcerario.

Recentemente il presidente della Corte, il francese Jean-Paul Costa, ha ammonito che il comportamento di Londra richiama alla mente quello dei colonnelli greci, che nel 1967 denunciarono la Convenzione e sottrassero la Grecia ai verdetti della Corte per tutta la durata del loro governo. Pochi giorni prima la Camera dei Comuni britannica aveva votato una mozione che riaffermava il primato del potere legislativo nazionale e del diritto britannico su quello internazionale per 234 voti contro 22.

Il 21 febbraio il ministro della Giustizia Kenneth Clarke ha negato che il Regno Unito voglia denunciare la Convenzione europea dei diritti umani, ma ha confermato che lavorerà per ottenere una riforma della Corte. Fra pochi giorni entrerà poi in funzione la Commissione voluta da David Cameron per studiare quali opzioni sono alla portata del Regno Unito per opporsi con successo alle pretese di Strasburgo. Il giudice che ha respinto la richiesta di danni dei circa 600 detenuti che si erano rivolti a lui ha spiegato che «i tribunali britannici non possono invocare  la Convenzione europea dei diritti umani per sentenziare. Al massimo possono segnalare, se è il caso, che essa è incompatibile con la common law». 

Gli sviluppi del braccio di ferro fra Londra e Strasburgo vengono guardati con interesse dall’Italia, dove il governo ha fatto ricorso contro una sentenza della Corte europea per i diritti umani che imponeva di rimuovere i crocefissi dalle scuole statali. La Grande Camera della Corte esaminerà il merito del ricorso entro l’anno corrente.

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