IL PROBLEMA DEI GRILLINI CHE DANNO I NUMERI, MA CHE NON PORTANO VOTI

Il nocciolo dei Pacs è il riconoscimento pubblico delle coppie omosessuali. Ovviamente gli attivisti gay cercano di approfittare della campagna elettorale, ed è iniziata la corsa per accaparrarsene i voti.
Dopo una partenza di fuoco, però questa storia delle coppie di fatto comincia a mostrare qualche crepa: già da alcune inchieste su Il Giornale dell’Umbria, Foglio e Avvenire si è visto che già i “registri delle coppie di fatto” in Italia sono stati un flop. A livello istituzionale non sono mai stati forniti dati complessivi, ma per quel che si è letto finora, le coppie omosessuali registrate sono probabilmente meno di un centinaio in tutta Italia.
Anche Francesco Rutelli comincia a defilarsi e dichiara che il dibattito «non deve diventare un tormentone estraneo alle attese fondamentali degli italiani». Ma insomma: quanti sono gli omosessuali? E quanti voti possono portare? Milioni, si dice. Il dato più in voga, sbandierato dal governo Zapatero (ma non solo), è che sia omosessuale il 10% della popolazione. In realtà questa è la percentuale di omosessuali maschi stimata nel rapporto Kinsey, nel 1948. Un dato che si è rivelato falso. E allora? Sono ancora una volta le associazioni gay ad indicare le fonti attendibili. In un report presentato nel giugno 2003 alla Corte Suprema degli Stati Uniti da ben 31 organizzazioni di attivisti gay americani (tra cui, Human Rights Campaign; the National Gay and Lesbian Task Force; Parents, Families and Friends of Lesbians and Gays; the Gay and Lesbian Alliance Against Defamation; the People for the American Way Foundation, etc.), nella nota 42 a pag. 16 si legge: «Lo studio più accreditato sulle pratiche sessuali negli Usa è il National Health and Social Life Survey. L’Nhsls ha constatato che il 2,8 per cento dei maschi e l’1.4 per cento delle donne, nella popolazione, si identifica come gay, lesbica o bisessuale (V. Laumann et. Al. The Social organization of Sex: Sexual Practices in the United States, 1994)». E la recente indagine del National Survey of Family Growth (Nsfg, 2002) conferma sostanzialmente i dati precedenti: in un campione di persone fra i 15 e 44 anni si definisce omosessuale il 2,3 per cento degli uomini e l’1,3 per cento delle donne. Anche su Repubblica leggiamo gli stessi numeri. Per esempio, in un articolo del 15 settembre scorso sulle coppie di fatto Maria Stella Conte scrive che «Volendo a tutti i costi quantificare questa realtà, si potrebbe fare riferimento ad uno studio della Chicago University che (partendo da chi si identificava come omosessuale), stimava in circa il 2 per cento della popolazione Usa, gay e lesbiche. Un dato verosimile anche per l’Italia». Che poi questo due per cento si senta rappresentato dalla militanza gay, è tutto da dimostrare, come suggerisce ad esempio una lettera firmata di un omosessuale, apparsa su Venerdì di Repubblica del 3 giugno scorso, nella rubrica di Natalia Aspesi “Questioni di cuore”, titolata “Ma noi gay siamo uomini e non macchiette”. «Gli omosessuali che si dichiarano e che formano la cosiddetta lobby gay – scrive il lettore di Venerdì – non sono che una minoranza. Che la si piantasse di usare i diritti dei gay come strumento per fare politica e soprattutto che quei quattro deficienti isterici animali televisivi la facessero finita di usare la propria propensione sessuale per fare soldi a discapito di chi cerca di vivere tranquillamente senza etichette e categorie».

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