Benedetto XVI: «Nelle afflizioni lo Spirito di Dio continua a raggiungerci»

All'Udienza generale Benedetto XVI ha proseguito la sua catechesi sulla preghiera allo Spirito: «È così che Cristo che ci raggiunge continuamente».

Il Papa, nell’udienza generale di oggi, ha proseguito con le sue catechesi sulla preghiera a partire da san Paolo e dall’invocazione allo Spirito Santo. Nella Seconda Lettera ai Corinzi, l’Apostolo inizia così: «Sia benedetto Dio, Padre del Signore nostro Gesù Cristo, Padre misericordioso e Dio di ogni consolazione! Egli ci consola in ogni nostra tribolazione, perché possiamo anche noi consolare quelli che si trovano in ogni genere di afflizione con la consolazione con cui noi stessi siamo consolati da Dio».

Benedetto XVI ha sottolineato che molte sono «le afflizioni che Paolo ha dovuto attraversare». Cosa ha permesso al santo di non cedere? Il Papa ha parlato del sostegno «della grazia e dalla vicinanza del Signore Gesù Cristo, per il quale era diventato apostolo e testimone consegnando nelle sue mani tutta la propria esistenza. Proprio per questo, egli inizia questa Lettera con una preghiera di benedizione e di ringraziamento verso Dio, perché non c’è stato alcun momento della sua vita di apostolo di Cristo in cui abbia sentito venir meno il sostegno del Padre misericordioso». Di più. Il Santo Padre ha ricordato che «per annunziare Cristo» l’apostolo «ha subìto anche persecuzioni, fino ad essere rinchiuso in carcere, ma si è sentito sempre interiormente libero, animato dalla presenza di Cristo». Scrive poi san Paolo dal carcere a Timoteo: «La Parola di Dio non è incatenata! Perciò io sopporto ogni cosa per quelli che Dio ha scelto». Paolo può parlare così perché, «nel suo soffrire per Cristo, egli sperimenta la consolazione di Dio: “Come abbondano le sofferenze di Cristo in noi, così per mezzo di Cristo, abbonda la nostra consolazione”».

Nella preghiera di benedizione di san Paolo, ha notato ancora il Papa, «domina, accanto al tema delle afflizioni, il tema della consolazione, da non intendersi solo come semplice conforto, ma soprattutto come incoraggiamento ed esortazione a non lasciarsi vincere dalla tribolazione». Questo per Benedetto XVI è una strada anche per noi. Di qui «l’invito è a vivere ogni situazione uniti a Cristo, che carica su di sé tutta la sofferenza e il peccato del mondo per portare luce, speranza e redenzione». Così che, confortati da Gesù, saremo anche «capaci di consolare a nostra volta quelli che si trovano in ogni genere di afflizione». Perché al contrario di quanto afferma il volontarismo la «condivisione non nasce da una semplice benevolenza, né solo dalla generosità umana o dallo spirito di altruismo, bensì scaturisce dalla consolazione del Signore». Infatti, come fa spesso, il Papa ha ricordato che «la fede non è primariamente azione umana, ma dono gratuito di Dio, che si radica nella sua fedeltà, nel suo «sì», che ci fa comprendere come vivere la nostra esistenza amando Lui e i fratelli. Tutta la storia della salvezza è un progressivo rivelarsi di questa fedeltà di Dio, nonostante le nostre infedeltà e i nostri rinnegamenti, nella certezza che “i doni e la chiamata di Dio sono irrevocabili!”, come dichiara l’Apostolo nella Lettera ai Romani».

Benedetto XVI ha anche ribadito che «il modo di agire di Dio è ben diverso dal nostro», perché «Dio non ritira il suo sì. Di fronte ai contrasti nelle relazioni umane, spesso anche familiari, noi siamo portati a non perseverare nell’amore gratuito, che costa impegno e sacrificio. Invece, Dio non si stanca con noi, non si stanca mai di avere pazienza con noi e con la sua immensa misericordia ci precede sempre, ci viene incontro per primo». La fede non è quindi uno sforzo etico per il Papa ma riconoscimento dell’amore di Cristo che «nell’evento della Croce ci offre la misura del suo amore, che non calcola, che non ha misura». Ma come questo “sì” di Dio rimane? La risposta è proprio nello Spirito: «Ci ha conferito l’unzione, ci ha impresso il sigillo e ci ha dato la caparra dello Spirito nei nostri cuori», scrive ancora San Paolo. «È infatti lo Spirito Santo – ha detto il Papa – che rende continuamente presente e vivo il «sì» di Dio in Gesù Cristo e crea nel nostro cuore il desiderio di seguirlo per entrare totalmente, un giorno, nel suo amore». In questo senso non dobbiamo avere paura nemmeno dei nostri no perché «questo amore è fedele, capace di attendere anche quanti continuano a rispondere con il rifiuto o l’indurimento del cuore. Dio ci aspetta, ci cerca sempre». Per questo ad ogni caduta si può ricominciare.

Infatti, ha concluso papa Benedetto XVI, il nostro sì e la nostra preghiera sono una conseguenza di quella di Dio rivolta a noi, perché «questa fedeltà non la possiamo mai conquistare con le nostre forze, non è solo frutto del nostro impegno quotidiano; essa viene da Dio ed è fondata sul “sì” di Cristo». Perciò, «è in questo “sì” che dobbiamo entrare, nell’adesione alla volontà di Dio, per giungere con san Paolo ad affermare che non siamo noi a vivere, ma è Cristo stesso che vive in noi. Allora l’“amen” della nostra preghiera personale e comunitaria avvolgerà e trasformerà tutta la nostra vita in una vita di consolazione di Dio, in una vita immersa nell’amore eterno e incrollabile».

@frigeriobenedet

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