Il multiculturalismo non abita più qui

UN ANNO DOPO L'OMICIDIO ISLAMISTA DEL REGISTA VAN GOGH, GIRO DI VITE ALLE POLITICHE MIGRATORIE IN OLANDA. MA ACCANTO A PROVVEDIMENTI SENSATI SI FANNO STRADA SUGGESTIONI DA INTEGRALISMO LAICISTA

«In Olanda l’ideologia multiculturalista è un punto di vista marginale già da anni, ben prima della crisi scatenata dall’omicidio di Theo Van Gogh. Ormai la guardiamo tutti in una prospettiva storica: rappresenta quella fase della storia delle immigrazioni in Olanda durante la quale la gente insisteva molto sulle differenze di gruppo. Ma poi abbiamo visto che così facendo avevamo costruito una società dove le persone vivevano le une vicino alle altre, ma mai le une insieme alle altre. Una società dove la cittadinanza comune era stata sacrificata alla coesistenza pacifica, ottenuta al prezzo dell’indifferenza e della segregazione reciproca. Oggi viviamo una situazione di conflitto il cui esito non è scontato: non sappiamo se avremo una società armoniosa o se non riusciremo mai a vivere insieme». A recitare questo de profundis senza scampo sul multiculturalismo e a testimoniare onestamente l’inquietudine che pervade la società olandese un anno dopo l’omicidio per mano islamista del regista di “Submission” non è un populista della Lista Fortuyn (il partito creato da Pim Fortuyn, altra vittima del fanatismo politico in quello che era considerato il paese più tollerante d’Europa) o un esponente del governo di centro-destra del premier Jan Peter Balkanende, che ha i suoi cavalli di battaglia nel giro di vite sulle politiche dell’immigrazione e nella repressione dell’islamismo estremista (vedi i recenti sette arresti di terroristi del gruppo Hofstad, lo stesso di Mohamed Bouyeri, l’assassino di Van Gogh). No: a parlare così è Paul Scheffer, docente universitario ed editorialista, intellettuale di riferimento della sinistra democratica olandese.

Il tempo della presa di coscienza
Scheffer è stato a sinistra quello che Bolkestein (sì, quello della famosa direttiva europea sulla liberalizzazione dei servizi) e Fortuyn sono stati a destra: personalità che, nel pieno dell’estasi multiculturalista all’inizio degli anni Novanta, si sono esposte per denunciare il fallimento del modello olandese di sviluppo separato delle varie comunità etniche ed etno-religiose. Il primato cronologico va al liberale Frits Bolkestein, che già nel lontano 1991 scriveva che l’integrazione fra immigranti ed autoctoni sarebbe fallita se i valori fondamentali dei primi avessero continuato ad essere opposti a quelli dei secondi, in particolare la separazione fra Stato e Chiesa e l’uguaglianza fra uomo e donna, princìpi non trattabili. Si prese del razzista e dell’islamofobo, la stessa cosa che capitò poi a Fortuyn (col tragico finale dell’assassinio per mano di un militante animalista e filo-musulmano) e a Scheffer, il giorno che scrisse sul più importante quotidiano nazionale, Nrc Handelsblad: «La segregazione nelle grandi città sta crescendo, e questa è una cattiva notizia. Questa è la ragione per cui tutto il parlare che si fa di diversità e di dialogo, di rispetto e di ragione, non funziona. La tolleranza non può sopravvivere se non ci sono dei limiti. Senza norme condivise circa il potere della legge, non possiamo avere differenze di opinione costruttive… L’ammissione di impotenza da parte del nostro governo a garantire l’ordine pubblico è la più grande minaccia alla tolleranza». «Ancora oggi c’è qualcuno che mi dà del razzista o dell’islamofobo in tivù o su qualche giornale», precisa Scheffer. «Ma il clima politico e culturale è completamente cambiato almeno dal 2002. Molte delle iniziative restrittive che l’attuale governo sta realizzando in materia di politiche migratorie erano state decise dal precedente governo di sinistra: penso alla programmata espulsione dei richiedenti asilo che non sono riusciti ad ottenere lo statuto di profughi, che prima si davano alla clandestinità senza che nessuno si occupasse di loro; penso alle norme sui ricongiungimenti familiari, che ora rendono più difficili i matrimoni fra immigrati di prima o seconda generazione e giovanissime donne fatte venire apposta da remoti villaggi della Turchia o del Marocco, che non sanno una parola di olandese; penso all’Inburgering test, il test di conoscenza della lingua olandese, di educazione civica e storia nazionale che ogni immigrato, a eccezione di quelli provenienti da paesi della Ue, deve obbligatoriamente superare per poter restare nel paese. Si tratta di provvedimenti discussi o deliberati dal governo di centro-sinistra, ma oggi implementati dal centro-destra».

C’è anche chi vorrebbe chiudere le scuole libere
Che un simpatizzante di centro-sinistra sminuisca quel che fa un governo di centro-destra fa un po’ parte del gioco, anche perché non è facile contenere un ministro dell’Immigrazione come Rita Verdonk, che ogni giorno una ne fa e cento ne pensa. Non solo ha predisposto l’espulsione su tre anni di 26 mila richiedenti asilo respinti, ma è intenzionata a creare un dipartimento del ministero che si occuperà esclusivamente delle espulsioni e a far approvare un provvedimento (già votato alla Camera) che autorizzerà l’espulsione degli immigrati dal paese al primo reato grave che compiono. Non solo ha deciso di rendere reale l’obbligatorietà dell’Inburgering test (ora puramente formale) e dei corsi di olandese ed educazione civica all’estero per aspiranti emigranti, ma di fissare a 21 anni l’età minima per le spose importate dall’estero e aumentare il reddito minimo annuo che autorizza un immigrato a contrarre matrimonio con un nuova immigrata che viene in Olanda per sposarlo. Inoltre la Verdonk ha richiesto al ministro degli Interni l’espulsione di tre imam di una moschea radicale di Eindhoven da lei sospettati di predicare il jihad e sta studiando un provvedimento per proibire il burqa nella maggior parte dei luoghi pubblici. Colleghi di governo ed altri enti pubblici tentano di rincorrere il ministro con mosse altrettanto plateali: il ministero dell’educazione ha annunciato che tutte le nuove scuole musulmane (in Olanda l’articolo 23 della Costituzione autorizza la fondazione di scuole confessionali a spese dello Stato) dovranno dimostrare di insegnare i valori civici olandesi nel loro curriculum, mentre il governo ha messo a disposizione fondi per 1,5 milioni di euro all’anno alle università che apriranno corsi di formazione per imam educati alla olandese; l’università di Amsterdam ha già avviato le pratiche per la creazione di un Centro di teologia islamica che farà parte della Facoltà di Teologia. A Utrecht la municipalità ha tolto il sussidio di disoccupazione a due donne musulmane che si rifiutavano di togliere il burqa durante colloqui di lavoro. Dal maggio 2004 il ministero della Sanità non rimborsa più le operazioni di ricostruzione dell’imene, molto diffuse fra gli immigrati, che prima erano a carica del servizio sanitario.
A questi provvedimenti si affiancano poi proposte stravaganti o apertamente vessatorie che testimoniano quanto la crisi in corso abbia scompaginato l’identità olandese tradizionale. Il deputato Geert Wilders propone di proibire per cinque anni l’ingresso in Olanda a tutti gli immigrati “non occidentali” e di arrestare gli islamisti anche se non commettono reati, perché sono comunque “pronti” a farlo.
Una commissione di medici e giuristi ha proposto di rendere obbligatorie visite ginecologiche periodiche alle bambine a 6, 9 e 13 anni, per prevenire il fenomeno delle mutilazioni sessuali fra le figlie degli immigrati. Molti liberal (anche Scheffer) propongono una revisione dell’articolo 23 della Costituzione che autorizza la creazione di scuole libere, anche confessionali, col concorso finanziario dello Stato perché contraddittorio col principio della separazione fra Stato e religioni che si vuole fare accettare ai musulmani.
I laicisti olandesi colgono al volo l’opportunità rappresentata dalla necessità di frenare l’ascesa degli islamisti per riprororre la loro agenda ostile alla libertà di educazione. Un altro sviluppo inquietante nell’Olanda che non riconosce più se stessa.

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