Il gesto di una ragazza che fa molta più Europa di mille firme solenni

Nelle immagini dei tg dal summit di Roma le vere protagoniste erano le stilografiche, cosa che dà un'idea di quanto valga la carta sottoscritta

Articolo tratto dal numero di Tempi in edicola (vai alla pagina degli abbonamenti) – Le immagini dei tg mostrano i 27 capi degli Stati dell’Unione Europea, i riferimenti al contenuto della Dichiarazione che firmano sono surclassati dai loro scherzi e dalle stilografiche che adoperano: la scena non rende apprezzabili queste ma dà l’idea di quanto pesi quella. Per una strana associazione di idee, viene in mente un dato di cronaca di qualche mese fa, espressione di quella vita quotidiana che vale più di vertici apparentemente importanti e di discorsi altisonanti. Un imprenditore di un paesino del Nord, al culmine della disperazione per i debiti e per le cartelle esattoriali, tenta di impiccarsi nel giardino di casa. A salvarlo è la figlia di 15 anni, che lo sorprende e lo soccorre, tenendolo sollevato da terra fino all’arrivo della madre.

Che attinenza ha con la celebrazione dei 60 anni dai Trattati di Roma? Un nesso c’è. Dopo sei decenni, viene da chiedersi quanto l’europeismo à la page sia entrato nei comportamenti quotidiani degli europei. In sintesi, questa ragazza ha mostrato nei fatti di essere europeista, oppure no? Applicando i criteri che ispirano l’interpretazione di quei Trattati, soprattutto nell’ultimo quarto di secolo, la risposta è certamente negativa. Perché? Tanto per cominciare perché lei non ha rispettato la libera scelta del padre, cioè non ha condiviso l’idea per cui libertà è fare quello che si vuole. Lei considera la libertà non un fine, bensì un mezzo per raggiungere obiettivi più importanti, in questo caso salvare una vita. Peggio ancora, ha violato la privacy del padre, invece che arrestarsi sulla soglia del giardino di casa.

Secondo: non sembra proprio europeista perché non ha attivato nessuna procedura, non ha chiamato il 112 né il 118. Ha mostrato di condividere ante litteram e nei fatti quello che papa Francesco ha detto ai 27 rappresentanti degli Stati dell’Unione il 24 marzo: «L’Europa non è un insieme di regole da osservare, non un prontuario di protocolli e procedure da seguire». Le è venuto spontaneo convincersi che toccava a lei; se avesse cercato l’aiuto di chiunque sarebbe stato troppo tardi: ha preso il padre per le gambe per impedire al cappio il tragico esito finale.

 

Terzo e ultimo aspetto, si è resa conto che da sola non ce l’avrebbe fatta e così ha chiesto aiuto, anzi ha urlato. In altre parole, si è assunta, lei in prima persona, le proprie responsabilità, ma poi ha avuto l’umiltà di rendersi conto che da sola non ce la poteva fare; dopo averci messo tutta sé stessa, ha chiamato gli altri, dimostrando fiducia nella comunità o, comunque, consapevolezza che la comunità ha senso se viene incontro per colmare lacune e limiti che da soli non sappiamo superare.

Procedure e individualismo
Se concepiamo l’essere in linea con i parametri europei come rispetto delle procedure e di un individualismo esasperato che non tiene conto della diversità e dell’importanza delle differenti comunità nelle quali ci si trova a vivere, questa ragazza è certamente lontana dagli attuali parametri europei. Eppure il suo gesto dice tanto a un continente che somiglia troppo a una persona che si lascia andare, senza margini di movimento o di speranza. Quando l’Europa deciderà di essere qualcosa di differente rispetto alle delusioni che ha prodotto nel corso degli ultimi decenni, capirà che il gesto immediato e spontaneo, fonte di vita, di una ragazza di 15 anni vale più di mille pompose Dichiarazioni sottoscritte con eleganti quanto desuete stilografiche in una soleggiata mattinata romana.

Foto Ansa/AP Exchange

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