Il bambino mai nato dice Ue Ue!

L’Europa preferisce finanziare (con i nostri soldi) l’interruzione di gravidanza anziché l’istruzione. Chi la contrasta? Il Papa e il “demonio” Bush

Appena giunto alla Casa Bianca, George W. Bush ha firmato la sua dichiarazione d’intenti togliendo i finanziamenti americani alla International Planned Parenthood, la più potente organizzazione di pianificazione famigliare nel mondo. Per i fautori dell’aborto, e in particolare per le femministe, più che di una dichiarazione d’intenti, si trattò di una dichiarazione di guerra. Una lobby mondiale si mise subito al lavoro per fare dell’Ue la punta di diamante delle politiche abortiste internazionali. Già nel febbraio 2001, a un mese dall’insediamento di Bush, il Commissario Ue per lo sviluppo, Paul Nielson, dichiarò al Parlamento europeo che l’Europa era pronta a riempire «il vuoto di decenza» lasciato dagli Usa. Il primo passo fu una dichiarazione di principio, del luglio 2002. Pur ammettendo che le politiche sociali sono di competenza dei singoli stati nazionali, il Parlamento europeo varò, 280 voti contro 240, la “Risoluzione Van Lanker” che, non senza un esplicito attacco al governo americano, raccomandava a tutti gli stati europei di liberalizzare l’aborto. Ciò in barba al volere di popoli come quello irlandese, che il divieto di abortire ce l’ha proprio nella costituzione. Il secondo passo è del gennaio 2003, subito dopo la decisione del governo Bush di sospendere il proprio contributo annuo all’Unfpa a causa del suo comprovato sostegno alle politiche di aborto forzato in Cina. La Commissione europea ha aumentato di quasi altrettanto il suo contributo all’Unfpa e all’International Planned Parenthood: in totale, 32 milioni di euro.

Più aborto meno scuole
L’ultima puntata è di questi giorni: se passa il rapporto Sandbaek, che il Consiglio d’Europa vuole licenziare con una sola lettura, l’Ue indirizzerà gli aiuti internazionali dei prossimi cinque anni a fornire assistenza finanziaria «per la promozione dei diritti riproduttivi e sessuali», e per «l’accesso universale ad una gamma di servizi per la salute riproduttiva e sessuale che siano sicuri e affidabili». Nel linguaggio dei controllori demografici, questo significa aborto. Quanto costerà a noi cittadini europei questa preoccupazione per la nostra salute riproduttiva? Il rapporto prevede l’aumento della spesa di almeno il 72%, ma potrebbe arrivare addirittura al 300%! E da dove preleveranno questi soldi? Niente paura, dalle nostre tasche il prelievo per gli aiuti all’estero sarà maggiorato solo dell’1 o 2% totale. Si parla quindi di arrivare a triplicare la quota dei fondi destinati alla “salute riproduttiva” rispetto a un totale in gran parte invariato. Ciò significa che i cospicui fondi aggiuntivi saranno distolti da altri scopi, l’istruzione di base nei Paesi in via di sviluppo. Tra il 1994 e il 2000 l’Ue aveva già quadruplicato i fondi stanziati per le attività di salute riproduttiva nel mondo, arrivando a ben 4 miliardi di euro. Chi ha sterzato, al contrario, sono gli Stati Uniti che stanno cercando di invertire la rotta, non solo con le decisioni al vertice, ma anche con azioni della gente comune, come l’iniziativa presa pochi giorni fa da “Jane Roe”, la donna che nel 1973 aveva acceso la miccia legale che portò alla legalizzazione dell’aborto negli Stati Uniti (v. box). Contrastato aspramente dall’opposizione politica interna, che deplora il mancato rispetto per “il diritto delle donne alla scelta di abortire” e dalle sempre più potenti “ong”, specie femministe, accreditate presso l’Onu, il governo Bush in questa battaglia si trova fianco a fianco con la Santa Sede. È di pochi giorni fa invece l’incidente diplomatico con cui il governo francese ha contraddetto il rappresentante del Vaticano, che si dichiarava contrario al riconoscimento da parte dell’Onu della Federazione Nazionale dell’Aborto, un’associazione con sede negli Usa, in quanto non rispetta la vita. La Francia è intervenuta per dire che le considerazioni morali e religiose non hanno posto nei dibattiti dell’Onu, le cui decisioni devono basarsi solo su questioni di salute pubblica. Il delegato francese non ha spiegato però in che senso ammettere all’Onu la Federazione Nazionale per l’Aborto porterebbe a migliorare la salute pubblica internazionale.

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