I giovani antiG8? Una minoranza

Giovani e contestatori del G8? Due mondi paralleli

Giovani e contestatori del G8? Due mondi paralleli. Lo confermano le ricerche sul campo (in particolare l’ultima di Eurisko, condotta su un campione di 2600 teen agers fra gli 11 e 24 anni), che offrono il profilo di uno spaccato di gioventù molto diverso da quello che sarà in azione a Genova. Ne parliamo con Eugenia Scabini Preside della facoltà di psicologia dell’Univeristà Cattolica di Milano.

Dottoressa, qual è il ritratto delle nuove generazioni che emerge nei vostri studi empirici?

Tutte le ricerche li dipingono come apatici, disinteressati alla politica e al sociale. Questo è il vero universo giovanile. Poi c’è una minoranza attiva che si differenzia, e una minoranza di questa minoranza che si identifica in una battaglia per la povertà, per l’ambiente, per una maggiore giustizia sociale, per una maggiore equilibrio fra Nord e Sud. Di questi alcuni fanno addirittura riferimento al Papa, e quindi lì l’ideale è chiaro, perlomeno per alcuni dei cattolici.

Per i centri sociali vedo una situazione più variegata perché probabilmente c’è anche più manipolazione. Probabilmente c’è un gruppo di giovani, diciamo così “laici”, che attacca (come si vede dalle interviste che rilasciano) il G8 perché vuole una maggiore giustizia sociale e una difesa dell’ambiente. E in questo secondo ambito ci sono delle persone che, come fu nel ’68, utilizzano le persone in senso distruttivo, violento.

E come spiega che le associazioni cattoliche abbiano dato l’impressione, almeno così è stata colta dalla stampa, di stare nello stesso fronte dei Centri sociali?

Ma, si sono aggregati… lì c’è stato anche il cardinal Tettamanzi che ha preso una precisa posizione. Secondo me i giovani cattolici non volevano unirsi ai centri sociali. La manifestazione dei giovani cattolici non è nata per unirsi ai centri sociali. È stata fatta decisamente in senso religioso dando motivazioni che si rifanno alla dottrina sociale della Chiesa. Quanti cattolici andranno effettivamente a Genova è tutto da vedere. Secondo me saranno pochi. Per ora hanno fatto manifestazioni separate. Per ora questo “essere insieme” è una supposizione.

Il cosiddetto “popolo di Seattle” resta comunque una minoranza…

Certamente. Tutti i giovani vanno verso una posizione apatica. Dire che i giovani sono antiG8 è una forzatura. I giovani vanno in discoteca e trascorrono le loro vacanze senza minimamente interessarsi alla vicenda G8-antiG8. E anche sui numeri bisogna stare attenti.

Ad esempio, per i cattolici, mentre sappiamo che l’anno scorso a Tor Vergata erano più di un milione, alla manifestazione dello scorso 6-7 luglio promossa dalle varie associazioni cattoliche con il cardinal Tettamanzi non mi pare fossero in molti… Oggi la maggioranza dei ragazzi vive all’interno dei propri circuiti. Il vero problema è l’autoreferenzialità di questo mondo. I giovani stanno insieme in questa maniera un po’ solitaria suggerita loro dalle tante manifestazioni odierne di comunicazione virtuale.

Un tipo di comunicazione leggera che può evitare il contatto impegnato, i vincoli, che ha anche i suoi lati positivi, perché elimina certe barriere spaziali, ma che evita il faccia a faccia. È indubbio che oggi i giovani vivono una vita di gruppo. Ma questa loro vita di gruppo somiglia sempre più a quella del “branco”, un tipo di socialità molto primitiva che rifiuta l’impegno. Esistono come tanti gruppi, molto chiusi, con un loro linguaggio particolare, tendono ad essere autoreferenziali e con tipi di socializzazioni molto superficiali. La maggioranza dei ragazzi oggi è così.

La contestazione al G8 ha occupato il centro dell’attenzione mediatica e c’è chi vede nell’antigiottino il prototipo del nuovo sessantottino…

Bisogna vedere. Potrebbero non cambiare la loro vita però potrebbero avere influenza come movimento di opinione. Ma non avranno un’incidenza sulla vita reale. Questo sicuramente no. Io starei molto attenta a fare confronti fra il ’68 e il movimento di Seattle, perché nel ’68 l’origine era molto più ampia; l’attuale è un fenomeno molto più limitato.

Perché dei giovani che vivono in un mondo globalizzato sono contro il loro stesso mondo?

Non so. Forse ne vedono i limiti. Per l’ambiente sentono parlare di mucca pazza, di altre catastrofi naturali, dell’inquinamento. Basta accendere la televisione per sentire qualche allarme ecologico. Siamo in un’epoca in cui il progresso post-industriale non è vissuto, come nell’immediato dopoguerra, come totalmente positivo. Adesso ci sono dei segni che dicono che il progresso può essere positivo o negativo.

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