I figli del Banco

STORIE DI BAMBINI NATI GRAZIE AD UN'OPERA DI CARITà CHE SABATO 26 NOVEMBRE VEDRà SVOLGERSI LA SUA NONA EDIZIONE. IN TUTTI I SUPERMERCATI D'ITALIA

Oggi Carlo ha quasi tre anni e ogni giorno, in collaborazione con suo fratello maggiore Filippo, incasina allegramente la vita di sua madre, la signora Manuela. Oggi Carlo c’è, e sa farsi sentire. Quello che Carlo non sa è che i suoi pochi anni di vita hanno un valore tutto particolare, perché potevano non essergli concessi, o meglio, perché non avrebbero dovuto essergli concessi. La signora Manuela, infatti, tre anni fa, quando scoprì di essere rimasta incinta di Massimo, il suo nuovo compagno, avrebbe voluto abortire. No, un altro figlio Manuela non lo voleva. Erano poveri, lei e Massimo, e non spevano proprio come riempirlo un altro stomaco. Erano talmente poveri che già da qualche mese si erano ritrovati a dover tirare a campare con i pacchi di alimenti del Banco di Solidarietà. Anzi, per dirla tutta, Manuela e Massimo erano poveri al punto che probabilmente le visite dei volontari del Banco erano le uniche occasioni rimaste loro per scambiare quattro chiacchiere con qualcuno. Erano così poveri che un altro figlio sarebbe stato decisamente una catastrofe. Perciò quel giorno, tre anni fa, la signora Manuela telefonò a Luca, quello del Banco di Solidarietà che ogni due settimane le si presentava a casa con la “spesa”: «Portarmi in ospedale. Sono incinta un’altra volta e devo abortire». All’altro capo del telefono Luca ammutolì. Da tempo seguiva qualla famiglia un po’ pasticciata, ma per la prima volta era costretto a chiedersi davvero che razza di compagnia entrasse in quella casa ogni quindici giorni assieme al pacco pieno scatolette, sacchi di biscotti e detersivi. «No, aspetta un attimo – rispose dopo qualche istante – dobbiamo parlare». Insomma, quella sera, Luca si presentò a casa di Manuela e Massimo e rimase con loro a parlare fino a notte fonda. Riusciva soltanto a ripetere «io sono con voi», e intanto si rendeva conto che aveva ragione don Luigi Giussani quando, parlando delle opere di carità, spiegava che ci si muove verso le persone in difficoltà per condividerne il bisogno immediato – la fame – ma soprattutto per condividere con loro il senso della vita. Così, tra un pacco e l’altro, nove mesi dopo nella vita di Manuela e Massimo è arrivato pure Carlo.

UNA CARITà DI CARNE E SANGUE
I nomi dei protagonisti di questa storia sono di fantasia, ma le loro vicende sono vere. Sono di carne e di sangue come di carne e di sangue sono le storie che hanno scandito i primi sedici anni di attività del Banco Alimentare, l’opera che permette al Banco di Solidarietà e a molte altre organizzazioni di svolgere con i poveri di tutta Italia (ma non solo) un lavoro come quello che Luca porta avanti con la famiglia della signora Manuela: un pacco di alimenti, due chiacchiere, un po’ di compagnia. Superando in contropiede l’ipocrisia del buonismo dilagante, i volontari del Banco Alimentare e delle opere collegate non si preoccupano di chiedere astrattamente più giustizia nel mondo, semplicemente “fanno la carità”, cioè vanno da chi ha bisogno. Si muovono. Spesso anche muovendo qualcosa nella quotidianità degli altri, come è capitato a Manuela e Massimo, e come testimonia Nadia con la sua nuova vita. Nadia (anche questo è un nome di fantasia) è di Salerno, e le ha subite tutte laggiù. Alluvione, terremoto, freddo, povertà. Tanta povertà. E la fame. Figlia di contadini, Nadia è rimasta vedova quando già aveva due figli, il più grande dei quali aveva due anni e mezzo. «Io ho dato la mia vita – racconta – per un pezzo di pane, per diecimila lire per fare la spesa, perché una mamma per quando ha i figli fa di tutto per poter dare loro da mangiare». Nadia non si vergogna di dire tutto il male che le è toccato e le umiliazioni che ha dovuto subire, “perché questo muova il cuore di tutti”, proprio come è successo a lei dopo il trasferimento a Milano quattordici anni fa. È a Milano, infatti, che Nadia ha trovato l’aiuto concreto del Banco Alimentare, ed è grazie all’accoglienza di quella gente che Nadia ha trovato un motivo e il coraggio necessari per smetterla di buttarsi via e ricominciare daccapo: «Mi sono coinvolta come quando uno fa un tuffo da una torre dentro l’oceano». Nadia attualmente abita in un quartiere popolare di Milano, «e lì c’è di tutto, dal pedofilo alle prostitute, dai travestiti ai mafiosi. Mi fa male molto il cuore quando vedo che una mamma per arrivare a fine mese è costretta a fare quello che ho fatto io. Perciò mi do da fare, cerco di fare del mio meglio. Ogni due settimane prendo cinque pacchi del Banco Alimentare e li porto ad alcune famiglie vicine, figli di carcerati, ragazze madri».

UN AUSPICIO E TANTI NUMERI
Che la carità sia più efficace delle prediche è un fatto certificato anche dai numeri che fin qui hanno gratificato il lavoro della Fondazione Banco Alimentare. A Marco Lucchini, direttore della Fondazione, piace ricordare un incontro del 1992 tra Danilo Fossati, fondatore della catena di supermercati Star e primo grande partner dell’opera, e don Giussani, che del Banco è stato per così dire il principale ispiratore. In quell’occasione Fossati promise al sacerdote di Desio: «Vedrà che raccoglieremo 50 mila tonnellate». E questi, invece di ridimensionare l’ottimismo dell’imprenditore, rilanciò: «E non solo. Diventerà un gesto di carità per milioni di italiani». «All’epoca – spiega Lucchini – il Banco raccoglieva appena un migliaio di tonnellate, perciò sentendo quelle cifre ridevo tra me e me, pensavo che quelle fossero sparate da brianzoli. Poi l’anno scorso, però, abbiamo raccolto 54 mila tonnellate di alimenti, e alla Colletta annuale hanno partecipato più di 4 milioni e mezzo di persone. Ho ripensato a quelle parole del ’92 e mi sono venuti i brividi».
L’idea del Banco Aliementare è disarmante nella sua semplicità: raccogliere le eccedenze dalle aziende agroalimentari, dalle imprese della grande distribuzione, dagli enti pubblici, dai mercati generali e dalla ristorazione collettiva, e poi metterle a disposizione di organizzazioni che, come il Banco di Solidarietà, si occupino di distribuire le derrate direttamente alle famiglie bisognose. Nel 2004 erano oltre 1.200.000 le persone assistite dagli oltre 7.200 enti convenzionati con il Banco Alimentare. Cifre che dal 1989 a oggi sono cresciute in maniera continua. Anche grazie alla Colletta Alimentare che nel 1997 rese famoso il Banco. Già nella prima edizione dell’iniziativa, semplicemente piazzandosi all’esterno di centinaia di supermercati in tutta Italia, i volontari del Banco raccolsero ben 1.600 tonnellate di alimenti in un giorno. Un risultato che è migliorato di anno in anno (sabato 26 novembre si svolgerà la nona edizione, e quella dell’anno scorso ha fatto registrare l’ennesimo record di raccolta: quasi 7 mila tonnellate di alimenti), la cui concretezza rivoluzionaria ha contagiato anche tanti altri paesi. Perfino il Paraguay, dove quest’anno circa un migliaio di volontari si sono organizzati per la prima volta preparandosi a raccogliere 15 tonnellate di alimenti. Ritrovandosene, però, 37, più del doppio.

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