I danni della scristianizzazione

Crescono esponenzialmente, occupando lo spazio abbandonato dal cristianesimo, gli idoli “non cristiani” che ci contagiano tutti e contro i quali non esistono né misure sanitarie né vaccini.

Caro direttore, la scristianizzazione si mangia la libertà e il benessere, stiamone certi. Mi ricordo che In un articolo sul Telegraph di qualche anno fa, Tim Stanley, giornalista e scrittore inglese, affermava qualcosa del genere: «Il cristianesimo occidentale non si sta estinguendo per cause naturali o un omicidio; si sta suicidando». Io correggerei un po’, e un certo aiutino al suicidio comunque, secondo me, è in corso. Le statistiche non mentono. Si possono leggere anche facendoci la tara, ma indipendentemente da chi le produce, il risultato è sempre lo stesso. Siamo in piena “scristianizzazione”.

Idoli non cristiani

Non perché i dati di chi si professa cristiano, di chi è praticante, dei battezzati, delle vocazioni siano in picchiata libera, o perché i dati delle chiese vuote, chiuse e trasformate in “altro” esplodono verso l’alto, o perché gli aderenti alle altre religioni crescono; certo, anche; ma soprattutto perché, in parallelo, crescono esponenzialmente, occupando lo spazio abbandonato dal cristianesimo, gli idoli “non cristiani” che ci contagiano tutti e contro i quali non esistono né misure sanitarie né vaccini. Si chiamano: relativismo (tutto è uguale), nichilismo (nulla vale), cinismo (disprezzo e indifferenza), nomadismo (essere ovunque), colpevolismo (disamore di sé), paganesimo (credere a tutto), transumanesimo (superuomo) e genderismo (autodeterminazione).

Un Continente Vecchio

La scristianizzazione corre veloce perché si impongono questi “ismi” attrattivi ai quali aderiamo con piacere, cercando l’immunità di gregge e ignari dei danni che provocano. Idoli sui quali la storia, l’identità, la cultura, la tradizione bimillenaria cristiana, laica e non solo clericale, era riuscita ad imporsi, minimizzandoli ed educandoci ad altro.

Questi virus aggrediscono l’economia, la scienza, la cultura, la democrazia e la politica dei nostri tempi. Gli effetti sull’Occidente sono lì da vedere: identità smarrita, cultura relativista, democrazia in affanno, statalismo inarrestabile e libero mercato rinnegato.

Con un Continente, quello europeo, oltre che vecchio, grasso e pigro anche autolesionista, demotivato, deluso e da tempo senza attese e quindi senza speranza; non fa più figli e non investe nel rilancio (i capitali di investimento europei vanno in America e sono i cinesi a investire da noi).

Fare fuori l’uomo

Il Covid ha messo brutalmente in evidenza e senza trucco la nostra situazione di crisi generale ed esistenziale di questi tempi post-moderni. La catena delle cause che ha portato a questi effetti, generando questi virus, è abbastanza chiara. Segue una logica di pensiero intellettuale e di ragionamento pragmatico “per scristianizzare il mondo” che progredisce da duecento anni man mano che scorre il tempo: prima si è fatta fuori la Chiesa ma non Cristo, poi si è fatto fuori Cristo ma non Dio, per ora si è fatto fuori Dio ma non l’uomo; la prossima tappa è ovvia, si dovrà far fuori l’uomo e la sua libertà disturbatrice per creare al suo posto un sistema dirigista e perfetto.

Come uscirne

Ma si può uscirne? Certo, occorrerebbe però, almeno per la nostra salvezza materialista e terrena (di quella spirituale non so occuparmene), iniziare a ricuperare, insegnare e praticare seppur solo laicamente il nocciolo del cristianesimo. Senza scomodare Pontefici o la dottrina sociale della Chiesa cattolica, «al di fuori del cristianesimo non vi è libertà», queste sono le parole di John Emerich Edward Dalberg-Acton (1834 – 1902), più noto come Lord Acton e leader del liberalismo inglese del XIX secolo; mentre queste «il liberalismo non è nella sua essenza un abbandono del cristianesimo, bensì il suo figlio spirituale» sono di Wilhem Röpke (1899 – 1966) consulente del Governo Erhard per la ricostruzione economica della Germania post seconda guerra mondiale e co-fondatore della liberista Mount Pélerin society.

Sergio Morisoli

Foto Ansa

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