Per i cattolici di Timor martirio senza fine

Cartolina da Timor Est

“Mi vergogno di essere indonesiano” ha confessato il vescovo Carlos Ximenes Belo, premio Nobel ’96, dopo aver visitato la parrocchia di Liquica, in Timor Est, dove il 6 aprile è avvenuto il massacro di oltre 25 civili. Veramente, secondo i vescovi e il parroco, sono state uccise almeno 40 persone, ma i corpi sono scomparsi poche ore dopo, lasciando solo larghe chiazze di sangue sul pavimento della chiesa, senza possibilità di stabilire il numero e l’identità degli uccisi. Responsabili della carneficina sono 500 miliziani di un’organizzazione sostenuta dall’esercito indonesiano, che avevano invaso il paese alla ricerca di “nemici”. La popolazione di Liquica si era rifugiata in chiesa, dove è stata braccata dalla milizia armata di machete, fucili e lance. Gli scontri fra milizie filo-indonesiane e residenti di Timor est sono in crescita dal gennaio scorso, da quando Jakarta ha fatto baluginare la possibilità dell’indipendenza ai timoresi, che da 23 anni subiscono una violenta dittatura. Fino alla caduta di Suharto, l’estate scorsa, l’Indonesia aveva governato con pugno di ferro la parte dell’isola, ex colonia portoghese, con una popolazione al 90% cattolica. Aveva perseguitato la resistenza, messo in prigione il capo Xanana Gusmao, invaso l’isola con missionari islamici e favorito i collaborazionisti nelle cariche politiche. La caduta del generale Suharto e il bisogno di riguadagnare la stima internazionale hanno spinto il presidente Habibie a tentare di chiudere la ferita est-timorese. Ma la sua proposta si scontra contro coloro che vivono del rapporto con l’Indonesia e con l’esercito indonesiano, sempre più criticato per il suo appoggio all’ex dittatore Suharto. Così, mentre le milizie attaccavano la popolazione della parrocchia di Liquica, i militari stavano a guardare. Secondo il vescovo Belo, è lo stesso esercito che arma le milizie e fomenta gli scontri. Alla violenza indonesiana i timoresi rischiano di rispondere con la violenza: Xanana Gusmao, agli arresti domiciliari, dopo il massacro di Liquica ha lanciato un appello alla guerriglia. Ma questo non farebbe che il gioco dell’Indonesia.

Mons. Belo invece richiede la presenza di una forza multinazionale di pace. Ma l’Occidente non sembra molto interessato e anche il gendarme USA si trova un po’ spiazzato, essendo stato molto amico del dittatore Suharto e poco della libertà di East Timor.

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