Harley-Davidson moto da ribelle? Ma va là. Progettata da un pescatore e un ingegnere, serve l’esercito e la polizia

Nata a Milwaukee, l'Harley-Davidson è un pezzo di storia americana. Da bicicletta con un motore costruita in un garage a colosso del mercato a stelle e strisce. Tra film, luoghi comuni e verità nascoste così è nato un mito

Harley-Davidson, ritratto di un’America che è stata e tuttora sopravvive. Altro che «nata per essere selvaggia», come vorrebbe la colonna sonora (Born to be wild degli Steppenwolf) del celebre film (Easy Rider di Dennis Hopper) che ha reso famoso nell’immaginario collettivo il prototipo del biker da strada un po’ hyppie e farabutto; l’harleysta in giacca di pelle, jeans stracciati e stivali di cuoio, fuggitivo e ribelle come i protagonisti Wyatt, sempre in sella al suo inimitabile chopper “Capitan America”, e il suo compagno d’avventura Billy. L’Harley-Davidson, che tra poco festeggerà i suoi primi 110 anni di vita, non è tutto questo, o perlomeno non lo è soltanto. L’Harley-Davidson, infatti, ha una storia e un’origine molto diversa, per certi versi così “conservatrici” e americane, di quell’America delle origini e dei Padri fondatori, che di più non potrebbero esserlo.

UNA BICI COL MOTORE. La nascita dell’Harley-Davidson è il simbolo per antonomasia dell’«american dream», anzi è essa stessa un pezzo di quel sogno americano che nelle terre degli indiani, terre di libertà e riscatto, seppe realizzarsi. A partire dalle vicende dei due soci che diedero vita alla motocicletta forse più conosciuta al mondo. William Sylvester Harley, nato a Milwaukee, Wisconsin, nel 1880, era figlio di un immigrato inglese di Littleport, nella contea del Cambridgeshire, e si laureò come ingegnere meccanico all’Università di Wisconsin-Madison nel 1907. Artur Davidson, invece, suo concittadino, era il più giovane di tre fratelli e amava pescare lungo le rive del fiume. Fino a che, un giorno, guardando le biciclette transitare lungo l’argine, cominciò a chiedersi se fosse possibile evitare quel «duro lavoro di pedalare in sella» a una bicicletta.

28 AGOSTO 1903. Fu così che i due soci cominciarono a trafficare nel garage di Davidson, di tre metri per cinque, per montare un motore e un serbatoio sopra quello che fino ad allora era l’unico mezzo a due ruote disponibile. Ci riuscirono, grazie all’esperienza di Harley e alle palanche dello zio di Artur. Era il 28 agosto del 1903 e fu allora che la prima Harley-Davidson cominciò a camminare sulle strade d’America. Ed è quella data che si fa ufficialmente risalire l’avvio della produzione di serie della casa motociclistica. Il primo anno non fu dei migliori, vennero venduti tre esemplari soltanto. Ma poi furono apportate modifiche al telaio e nel 1906, in Juneau Avenue, nacque il primo concessionario, dove tuttora sorge la sede principale.

REDUCE DI GUERRA. Nel 1907 gli esemplari venduti furono 150 e un importante mercato stava per aprirsi di fronte agli occhi, un po’ increduli, dei due soci. La vendita delle loro moto alle forze di polizia, infatti, costituì un volano potente per lo sviluppo della loro azienda. Tutt’ora Harley-Davidson fornisce di moto i poliziotti di gran parte degli Stati Uniti, i famosissimi CHiPs, acronimo di California Highway Patrol. Nel 1913 la produzione raggiunse i 13 mila esemplari. Ma i poliziotti non erano destinati a rimanere le uniche forze dell’ordine servite da Harley e Davidson. Le loro due ruote, infatti, prestarono servizio anche per l’esercito, nella prima come nella seconda Guerra mondiale. Portando la produzione a 45 mila prima e 88 mila esemplari poi. Ciò permise, insieme al successo commerciale, all’Harley-Davidosn di superare tanto la Grande depressione, insieme alla sua storica rivale, la Indian, quanto la crisi degli anni Settanta, dove però questa volta la moto di Springfield, Massachussetts, non seppe sopravvivere.

ICONA POP. Certo, senza il cinema – celebri, oltre a Easy Rider, sono le scene in cui Arnold Schwarzenegger, alias Terminator, guida la sua custom inseguito da un tir che vuole schiacciarlo –, l’Harley-Davidson forse non rappresenterebbe così a pieno quell’immagine di libertà, innanzitutto, ma anche un po’ di ribellione, che ancora si porta addosso. E che settimana prossima, a partire dal 13 giugno, invaderà in Italia, le strade della Capitale. Con tutta la sua colorita e variopinta fauna di harleysti al seguito. Tatuati, “impellettati” ma, soprattutto, rombanti.

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